Si segnala la recentissima sentenza n. 12449/2024, depositata in data 7/5/2024, con la quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il seguente principio di diritto: “ove il giudice disponga il pagamento degli ‘interessi legali’ senza alcuna specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dalla domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, c.c. se manca nel titolo esecutivo giudiziale, anche sulla base di quanto risultante dalla sola motivazione, lo specifico accertamento della spettanza degli interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.

La questione rimessa alle Sezioni Unite, a seguito di rinvio pregiudiziale disposto ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c. dal Tribunale di Milano con ordinanza del 25 luglio 2023, era la seguente: “se in tema di esecuzione forzata – anche solo minacciata – fondata su titolo esecutivo giudiziale, ove il giudice della cognizione abbia omesso di indicare la specie degli interessi al cui pagamento ha condannato il debitore, limitandosi alla loro generica qualificazione in termini di ‘interessi legali’ o ‘di legge’ ed eventualmente indicandone la decorrenza da data anteriore alla proposizione della domanda, si debbano ritenere liquidati soltanto gli interessi di cui all’art. 1284 primo comma c.c. o – a partire dalla data di proposizione della domanda – possano ritenersi liquidati quelli di cui al quarto comma de predetto articolo”.

L’iter motivazionale prende le mosse dal rilievo che “il quarto comma dell’art. 1284 non integra un mero effetto legale della fattispecie costitutiva degli interessi (cui la legge collega la relativa misura) ma rinvia ad una fattispecie, i cui elementi sono per una parte certamente rinvenibili in quelli cui la legge in generale collega l’effetto della spettanza degli interessi legali, ma per l’altra è integrata da ulteriori presupposti, suscettibili di autonoma valutazione rispetto al mero apprezzamento della spettanza degli interessi nella misura legale”.

Conseguentemente, argomentano le Sezioni Unite, si rende necessario un accertamento positivo da parte del giudice del merito della ricorrenza dei presupposti di legge per l’applicazione al caso concreto del tasso “maggiorato” ex art. 1284, quarto comma, c.c.; accertamento di cui dovrà darsi atto nel dispositivo e/o nella motivazione del provvedimento giudiziale (cfr. “l’esigenza di cognizione dei presupposti applicativi della misura degli interessi previsti dal quarto comma dell’art. 1284 comporta che il titolo esecutivo giudiziale contenga l’accertamento di spettanza degli interessi legali nella misura indicata”).

Tanto premesso, ribadito il principio per cui il giudice dell’esecuzione non ha poteri di cognizione ma deve limitarsi a dare attuazione al comando contenuto nel titolo esecutivo, le Sezioni Unite statuiscono che la previsione nel dispositivo e/o nella motivazione del titolo esecutivo medesimo della spettanza degli “interessi legali”, senza ulteriore precisazione, “è inidonea a integrare il detto accertamento [in ordine alla ricorrenza dei presupposti per l’applicazione degli interessi di cui al quarto comma dell’art. 1284 c.c.]”.

Pertanto, concludono le Sezioni Unite, “se il titolo esecutivo è silente, il creditore non può conseguire in sede di esecuzione forzata il pagamento degli interessi maggiorati, stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo, ma deve affidarsi al rimedio impugnatorio”.

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