La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14151/2022 in commento, ha affermato il principio per cui “la nuova convivenza dell’ex coniuge beneficiario dell’assegno di divorzio, rileva ai fini della revoca della misura se tra la nuova coppia esiste un legame affettivo stabile e duraturo, non rilevando la coabitazione a tal fine”.
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L’art. 5, comma 6, L. 898/1970 (L. divorzio) stabilisce che il Giudice, con la sentenza con cui dispone lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può stabilire l’obbligo di un coniuge di corrispondere periodicamente a favore dell’altro un assegno, quando quest’ultimo non abbia mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive. A tale riguardo, il Giudice deve tenere conto di una serie di criteri ed in particolare: “delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio”.
L’art. 9 della L. 898/1970 prevede espressamente la possibilità di chiedere la revisione dell’assegno divorzile quando, una volta intervenuto il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, sopraggiungano giustificati motivi.
A tal riguardo è opportuno ricordare che la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, (sent. n. 32198/2021) ha affermato che l’instaurazione della convivenza non comporta l’automatica perdita del diritto all’assegno: quest’ultimo può avere funzione assistenziale e compensativa. Il nuovo legame instaurato potrebbe far venire meno la funzione assistenziale, ma non necessariamente quella compensativa qualora il coniuge economicamente più debole abbia sacrificato la propria posizione lavorativa per favorire la creazione e lo sviluppo del nucleo familiare nonché la posizione professionale ed economica del coniuge. Quindi l’instaurazione di una convivenza stabile non determina la perdita automatica ed integrale dell’assegno ma può sicuramente incidere ai fini della sua revisione e quantificazione.
Con riferimento alla rilevanza dell’instaurazione di una nuova convivenza, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14151/2022, ha poi precisato che la nuova convivenza dell’ex coniuge rileva ai fini della revoca dell’assegno divorzile se sussiste la prova di un legame affettivo stabile e duraturo, non rilevando a tal fine il dato della coabitazione.
La coabitazione, infatti, è un obbligo sancito dall’art. 143 c.c., comma 2, con riguardo al matrimonio, mentre non vi è alcun elemento che deponga nello stesso senso con riferimento alla convivenza more uxorio. Essa, infatti, deve essere intesa come un legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale, senza che la coabitazione possa assumere il rilievo di un requisito indispensabile. Anche la CEDU (Grande Chambre, Vallianatos e altri c. Grecia ric. n. 29381/09 e n. 32684/09), come si dà atto nella parte motiva dell’ordinanza, ha affermato di non ravvisare “alcun fondamento per tracciare la distinzione… tra i ricorrenti che convivono e coloro che – per motivi professionali e sociali – non lo fanno… poiché… il fatto di non convivere non priva le coppie interessate della stabilità che le riconduce nell’ambito della vita familiare ai sensi dell’art. 8”.
Nel caso di specie, secondo la Suprema Corte, il Giudice d’Appello, rigettando la richiesta di revoca dell’assegno divorzile, avrebbe valutato in maniera superficiale e parziale gli elementi istruttori acquisiti e, in particolare, il fatto che la ex moglie avesse dichiarato, in sede di interrogatorio formale, che ella considerava il compagno quale proprio fidanzato, che lo stesso si recava abitualmente a casa della donna e che le relative utenze erano a lui intestate.
La Suprema Corte ha, quindi, cassato la decisione, affermando il seguente principio di diritto: “in materia di revoca dell’assegno divorzile disposto per la instaurazione da parte dell’ex coniuge beneficiario di una convivenza more uxorio con un terzo, il giudice deve procedere al relativo accertamento tenendo conto, quale elemento indiziario, della eventuale coabitazione di essi, in ogni caso valutando non atomisticamente ma nel loro complesso l’insieme dei fatti secondari noti, acquisiti al giudizio nei modi ammessi dalla legge processuale, nonché gli ulteriori eventuali argomenti di prova, rilevanti per il giudizio inferenziale in ordine alla sussistenza della detta convivenza, intesa quale legame affettivo volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale.”
Alla luce di tale affermazione, viene quindi posta una distinzione tra convivenza e coabitazione, assumendo quest’ultima mero valore indiziario in relazione alla prova dell’esistenza di una convivenza di fatto, che può sussistere anche indipendentemente.
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Avv. Giovanni Ricci