Sovente nella pratica si pone la questione dell’acquisizione di documenti non prodotti ritualmente dalle parti agli atti di causa ad opera del CTU cui è demandata l’indagine tecnico-contabile.

Può il CTU acquisire nuovi documenti? E se sì, quali?

La recente ordinanza n. 23655/2020 della Corte di Cassazione (il cui testo è liberamente consultabile in calce), resa in una causa patrocinata dallo Studio, offre l’occasione per alcune riflessioni sul tema.

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I – Nella fattispecie sottoposta al vaglio del Supremo Collegio, l’Istituto di Credito, rappresentato dallo Studio, aveva impugnato una sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva revocato ex art. 67 L.F. alcune rimesse bancarie, ritenute di carattere solutorio, eseguite sul conto corrente della Cliente, poi fallita, al riguardo facendo proprie le risultanze della consulenza tecnica acquisita nel precedente grado di giudizio; la Banca aveva, tuttavia, espressamente eccepito e fatto valere, anche in sede di gravame, la nullità della consulenza poiché basata su documentazione (estratti conto) non prodotta dalla Procedura ma (irritualmente) acquisita dal CTU nel corso delle operazioni peritali, in difetto del consenso dell’Istituto di Credito.

A fondamento dei motivi di ricorso, la Banca aveva argomentato che la documentazione (estratti conto) relativa ai rapporti bancari intercorsi tra l’Istituto di Credito e la Fallita atteneva a fatti principali (cioé l’esatta individuazione delle rimesse revocabili), fondanti la domanda di revoca ex art. 67 L.F. svolta dalla Procedura, su cui, dunque, gravava ogni relativo onere probatorio (in termini, seppur con riguardo ad un’azione di ripetizione di indebito, v. Cass. 27776/2019, che ha confermato la sentenza d’appello che ha escluso che tra i documenti di cui è consentita l’acquisizione da parte del CTU possano ricomprendersi gli estratti conto che, per contro, devono essere depositati dall’attore che agisce in ripetizione). In ogni caso, al di là della qualificazione della predetta documentazione, la Banca mai aveva prestato il proprio consenso all’acquisizione dei predetti estratti conto e, anzi, l’aveva espressamente negato, da ciò derivandone la nullità della consulenza su cui la Corte di merito aveva fondato la propria decisione.

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II – L’acquisizione di (nuovi) documenti da parte del CTU è disciplinata dall’art. 198, II comma, c.p.c., alla stregua del quale il consulente sente le parti, e previo consenso di tutte, può esaminare anche documenti e registri non prodotti in causa. Di essi, tuttavia, senza il consenso di tutte le parti non può fare menzione nei processi verbali o nella relazione di cui all’art. 195”.

La norma innanzi citata, dunque, consente al CTU di acquisire ed esaminare documentazione non presente nel fascicolo di causa (a prescindere dalle preclusioni istruttorie già maturate a carico delle parti), che si renda utile o necessaria per poter compiutamente ed esaustivamente rispondere ai quesiti formulati dal Giudice. Tuttavia, come chiaramente si evince dal contenuto testuale della disposizione, l’esercizio di tale potere è espressamente subordinato al consenso di tutte le parti costituite in giudizio; infatti, come rilevato nell’ordinanza in commento, l’acquisizione di documenti in corso di CTU trova nel consenso la fattispecie costitutiva. Del pari, è necessario il consenso delle parti a che della predetta documentazione sia fatta menzione nei processi verbali delle operazioni peritali e, di poi, nella consulenza tecnica.

Occorre poi interrogarsi su “quali” siano i documenti che possono essere acquisiti direttamente dal CTU nel corso della fase peritale, previo consenso delle parti.

In proposito, la giurisprudenza, cui l’ordinanza in commento si conforma, pacificamente esclude che possa ammettersi una (tardiva) acquisizione di documenti riguardanti fatti posti direttamente a fondamento delle domande ed eccezioni avanzate dalle parti che, in forza del principio generale di cui all’art. 2697 c.c., è onere delle stesse allegare e provare nel rispetto dei termini previsti dal Codice di Rito; ciò è tanto vero che la giurisprudenza è concorde nel concludere per l’inammissibilità dell’acquisizione “tardiva” di tale documentazione, a prescindere dal profilo del consenso delle parti ex art. 198, II comma, c.p.c. (cfr. ex multis Cass. 21760/2016).

Pertanto, come chiarito dall’ordinanza annotata, l’acquisizione “diretta” da parte del CTU potrà unicamente riguardare documenti accessori, cioè utili a consentire una risposta più esauriente e approfondita al quesito posto dal Giudice”; è solo rispetto a tale documentazione, dunque, che le parti possono essere chiamate a prestare il consenso all’acquisizione ex art. 198, II comma, c.p.c.

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III – La Suprema Corte, sulla base dei principi di diritto innanzi richiamati e in accoglimento dei motivi di ricorsi svolti dalla Banca, ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di merito che, come rilevato nell’ordinanza in commento, aveva “trascurato di svolgere una compiuta disamina su codesti profili: da un lato ha mancato di qualificare la tipologia di documentazione aggiuntiva presa in esame e, dall’altro, prioritariamente, non ha fatto alcun cenno alla questione del consenso.

In conclusione, l’acquisizione di documenti ad iniziativa del CTU nel corso dello svolgimento delle operazioni peritali è condizionata al consenso di tutte le parti costituite. In ogni caso, l’acquisizione non può in alcun modo riguardare i documenti aventi ad oggetto fatti posti direttamente a fondamento delle domande ed eccezioni svolte in giudizio dalla parti: infatti, in ossequio ai principi generali in tema di onere probatorio, la relativa prova deve essere fornita dalla parte interessata, nel rispetto delle preclusioni prescritte dal Codice di Rito.

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