Michele Sesta, Diritto di famiglia e Costituzione oggi. Dialogo con Mario Segni, ne Lo Stato, II, pp. 305 – 322

Sommario: 1. Famiglia e Costituzione nel pensiero di Mario Segni. – 2. Principi costituzionali e famiglia nelle recenti sentenze delle Corti. – 3. I nuovi scenari della filiazione sotto la lente della Corte costituzionale. – 4. I nuovi scenari della filiazione sotto la lente della Corte di cassazione. – 5. La solidarietà postconiugale sotto la lente delle Corti. – 6. Conclusioni. 

1. Famiglia e Costituzione nel pensiero di Mario Segni 

Alcuni anni or sono, alla vigilia della approvazione della legge sulla unione civile, Mario Segni pubblicò un articolo il cui titolo, con riferimento a quell’istituto, reca l’invito a «non tirare in ballo la Costituzione»1. 

In quel lavoro, l’A. espone acute considerazioni che investono il tema dei rapporti tra principi costituzionali e diritto di famiglia vivente. Muovendo dalla questione se la convivenza tra persone dello stesso sesso possa o meno rientrare nel concetto di matrimonio, egli afferma che, con riguardo alla fami- glia, in realtà oggi la Costituzione affida al Parlamento la competenza per le scelte fondamentali. Si tratta di una affermazione forte che, se ragionassimo in termini formali, sembrerebbe comportare una sorta di capovolgimento della gerarchia delle fonti. Ritengo piuttosto che Mario Segni intendesse mettere in luce, forse anche in modo provocatorio, che non ci si può arrestare a una lettura statica delle norme di rango costituzionale, specie se riferite a istituzioni soggette a mutamenti anche radicali nel corso del tempo, come è accaduto alla famiglia italiana negli ultimi settanta anni. Così rilevanti sono stati i cambia- menti che hanno coinvolto le relazioni familiari che, a ben vedere, l’istituzione cui si riferiva il Costituente non esiste più, in primo luogo nella realtà sociale2, cosicché oggi i precetti costituzionali si indirizzano ad una entità che non è quella della fine degli anni Quaranta, alla quale il Costituente necessariamente aveva fatto riferimento. 

La famiglia non è dunque quella di settant’anni or sono, il che tuttavia non esonera dall’applicare i principi costituzionali alle nuove realtà familiari; ricordo che già nei primi anni Sessanta un acuto studioso aveva avvertito come il richiamo costituzionale alla società naturale potesse favorire l’inclusione nella garanzia apprestata dall’ art 29 di tutte quelle realtà familiari che la concreta esperienza sociale avesse via via messo in evidenza3. 

Passando all’esame delle norme costituzionali, Mario Segni sottolinea come l’art. 29 sia stato oggetto di un cambiamento d’interpretazione profondo e radicale, pur a Costituzione invariata4. Rilevando come questa norma, così come l’art. 30, fosse indirizzata alla tutela della famiglia legittima, egli rammenta che il primo forte scossone all’originario disegno costituzionale venne dalla approvazione del divorzio e, più ancora, dalla riforma del diritto di famiglia, che nonostante autorevoli critiche5 cancellò il significato originario dell’art. 29, in particolare introducendo la parificazione tra figli naturali e figli legittimi, poi più di recente evolutasi addirittura nella unificazione dello stato di figlio6. Osserva come un consimile stravolgimento, a norma costituzionale invariata, sia stato possibile grazie a una nuova interpretazione, che egli valuta del tutto in armonia con la nuova coscienza sociale che si era imposta rapidamente nel Paese7. 

E di tale coscienza sociale, aggiunge Segni, si è fatta portatrice la Corte costituzionale già a partire dalla fine degli anni Sessanta con le note decisioni in tema di adulterio, che recavano una lettura delle norme interessate diametralmente opposta rispetto a quella che la stessa Corte aveva offerto pochi  anni prima8. Al riguardo e con riferimento anche ad altre decisioni, Segni os- serva come in pochi anni, senza alcuna innovazione costituzionale o legislativa, la concezione di fondo fosse mutata radicalmente a dimostrazione di quanto il cambiamento della coscienza sociale influisca non solo sui giudici di merito ma anche su quello delle leggi, il che gli consente di affermare che la Corte è stata ed è un’importante protagonista della profonda innovazione nell’interpretazione evolutiva dei principi costituzionali sulla famiglia. 

Parafrasando un illustre Maestro e anzi rovesciando la sua acuta intuizione9, possiamo constatare con riguardo al diritto di famiglia, di aver assistito e di assistere ogni giorno alla “rilettura” della Carta costituzionale ad opera del legislatore ordinario, dei giudici – delle leggi, di legittimità e di merito – e della dottrina, tutti, in vario modo, fattisi interpreti del cambiamento della coscienza sociale. Ci sarebbero tante riflessioni da fare al riguardo ma non è questa la sede per consimili approfondimenti. 

Certamente l’analisi di Segni è esatta: non basta che i principi siano scritti, neppure nella Carta costituzionale, perché trovino applicazione, diretta o mediata10 poco rileva, alle concrete relazioni tra gli uomini. Occorre il consenso sociale che richieda e permetta l’osservanza degli enunciati costituzionali, per- ché diversamente essi diventano un ramo secco, come Segni definisce l’articolo 29, ovvero, come altrove ho proposto, un fossile, volendo in tal modo richiamare l’immagine pietrificata di un organismo un tempo vivente11. 

Se così è, nel decidere le questioni “nuove” che prepotentemente si affacciano, è inutile richiamarsi al modello familiare che in origine si rifletteva nelle norme costituzionali. Piuttosto, conviene chiedersi come queste norme, rettamente interpretate, interagiscano con i nuovi scenari familiari e, più in generale, con le domande di tutela che vengono indirizzate ai giudici. 

È una operazione che lo stesso Mario Segni ha compiuto, con riguardo all’unione civile, già prima della entrata in vigore della legge. Egli si poneva il problema se l’articolo 29 costituisse una preclusione ad estendere all’unione omosessuale le regole del matrimonio e lo negava in considerazione della diversità naturale della convivenza omosessuale, che lo ha condotto a dire che nemmeno una parificazione di disciplina avrebbe portato a una confusione tra i due fenomeni, e quindi a uno svilimento dell’istituto matrimoniale: in breve, nella disciplina della unione civile la Costituzione non poneva alcun limite12. 

Non sono del tutto d’accordo con tale affermazione, perché il matrimonio reca una precisa identità storico-sociale, riflessa nella Costituzione, che verrebbe stravolta dalla sua estensione alle coppie omosessuali, trasformandolo in qualcosa d’altro rispetto alla genetica conformazione dell’istituzione, manifestata del resto dal suo stesso etimo (matris munus); quello di cui dubito è che ciò possa attuarsi senza mutare il quadro costituzionale, operazione certamente difficile ma non impossibile13. In proposito rilevo che la sentenza della Corte costituzionale n. 138/2010 aveva lucidamente chiarito che l’articolo 29 Cost. fa riferimento a un istituto, il matrimonio, caratterizzato dalla diversità di sesso degli sposi e ha altresì aggiunto come la carta costituzionale, dopo aver trattato del matrimonio, abbia ritenuto necessario occuparsi della tutela dei figli attribuendo rilievo alla famiglia legittima, da ciò inferendo che la potenziale finalità procreativa del matrimonio vale a differenziarlo dall’unione omosessuale e affermando, in questo quadro, che la contemplazione esclusiva del matrimonio tra uomo e donna non può considerarsi illegittima sul piano costituzionale per- ché la normativa medesima non dà luogo a una irragionevole discriminazione14. 

In chiusura della sua analisi, l’A. pone il tema della filiazione con riguardo alle coppie dello stesso sesso e prospetta la questione, che per una fortunata coincidenza è stata risolta proprio in questi giorni dalla Corte costituziona- le con la sentenza n. 221/201915, se, per effetto del combinato disposto del- la sentenza che aveva cancellato il divieto di fecondazione eterologa16 e del principio che vieta ogni differenza di trattamento tra coppia omosessuale ed eterosessuale, sia consentito il ricorso alla procreazione assistita a coniugi e a conviventi senza specificazione di sesso. Egli conclude in senso affermativo, pur manifestando personali perplessità sul piano dei principi e delle opportunità, mentre la Consulta ha opinato nell’opposto senso, ma sono certo che a Segni non sarà dispiaciuto di essere stato smentito. 

2. I principi costituzionali nelle recenti sentenze delle Corti 

Le idee espresse alcuni anni or sono da M.S. inducono a riflettere sull’attuale portata delle norme costituzionali con riguardo alle emergenti esigenze di tutela nell’ambito di relazioni giuridiche in senso lato familiari. 

Come a tutti ben noto, le questioni che oggi si agitano nel panorama dottrinale, giurisprudenziale e, prima ancora, nella coscienza sociale, riguardano, da un lato, i temi della filiazione e, dall’altro, quello della solidarietà postconiugale. Tali questioni – quelle attinenti alla genitorialità di coppie dello stesso sesso sia con riguardo alla adozione che alla procreazione medicalmente assistita, compresa in questo ambito la surrogazione di maternità, così come quelle recate dall’assegno di divorzio – sono state oggetto di recenti pronunce della Corte costituzionale17, della Cassazione, anche a S.U.18, e della Corte europea dei diritti dell’uomo, delle cui decisioni in questo contesto, che vuole riferirsi ai principi della Costituzionale nazionale, non ci si occupa19. 

Proprio l’analisi di queste sentenze, a mio avviso, contribuisce a lumeggiare il ruolo che i principi costituzionali tuttora sono chiamati a svolgere nell’attribuire o negare tutela alle molteplici e variegate richieste che vengono azionate in sede giudiziaria. 

3. I nuovi problemi della filiazione sotto la lente della Corte costituzionale 

Partiamo dalla filiazione richiamando la decisione a mio avviso più rilevante tra quelle recenti, la numero 272 del 201720, con la quale la Corte si è espressa in termini molto chiari in ordine alla maternità surrogata. Nell’àmbito di una vicenda relativa all’impugnazione del riconoscimento di un figlio nato median- te ricorso alla surrogazione di maternità praticata all’estero, la Consulta ha infatti espresso «la considerazione dell’elevato grado di disvalore che il nostro ordinamento riconnette alla surrogazione di maternità, vietata da apposita disposizione penale», «in quanto correlato a una pratica che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, e per tale motivo è vietata dalla legge». 

Più di recente – come si è anticipato – la Corte costituzionale21 ha poi rigettato perché non fondate le questioni di legittimità degli articoli 1, commi 1 e 2, 4, 5 e 12, commi 2, 9 e 10 della legge n. 40/2004, che vietano alle coppie dello stesso sesso di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita. Il profilo che si intende ribadire è che la Corte, richiamando anche le proprie precedenti sentenze demolitorie in materia di p.m.a.22, ha messo in luce la compatibilità con la Costituzione della scelta legislativa di fondo, quella cioè di pretendere che la p.m.a. si conformi al modello di famiglia caratterizzata dalla presenza di una figura materna e di una figura paterna, avvertendo tuttavia che le tecniche di p.m.a. aprono scenari innovativi rispetto ai paradigmi della genitorialità e della famiglia storicamente radicati nella cultura sociale, attorno ai quali è evidentemente costruita la disciplina degli articoli 29, 30 e 31, Cost., suscitando inevitabilmente, con ciò, delicati interrogativi di ordine etico. Il compito di ponderare gli interessi in gioco e di trovare un punto di equilibrio tra le diverse istanze – tenendo conto degli orientamenti maggiormente diffusi nel tessuto sociale, nel singolo momento storico – secondo la Corte deve ritenersi affida- to in via primaria al legislatore, quale interprete della collettività nazionale, salvo il successivo sindacato sulle soluzioni adottate da parte della Corte onde verificare che esse non decampino dall’alveo della ragionevolezza. 

Dunque, trova piena conferma quanto Mario Segni scriveva a proposito della rilevanza da attribuirsi alla coscienza sociale nella legiferazione in materia familiare23. 

In questo quadro, la Corte ha ritenuto razionale e giustificata la disciplina ordinaria censurata e quindi che meriti tutela una famiglia ad instar naturae quale «“luogo” più idoneo per accogliere e crescere il nuovo nato», senza che ciò possa rappresentare alcuna discriminazione relativamente all’orientamento sessuale. Dunque «la scelta espressa dalle disposizioni censurate si rivela non eccedente il margine di discrezionalità del quale il legislatore fruisce in subiecta materia, pur rimanendo quest’ultima aperta a soluzioni di segno di- verso, in parallelo all’evolversi dell’apprezzamento sociale della fenomenologia considerata». Il che vale a dire che la Corte non si è espressa una volta per sempre e che potrà rivedere le cose se la coscienza sociale muti, esattamente come oltre cinquant’anni or sono accadde con riguardo alle norme che punivano l’adulterio in modo differenziato tra moglie e marito. 

Ancora più di recente la Corte costituzionale è stata chiamata dal Tribunale di Pisa a risolvere una questione relativa alla pretesa violazione delle disposizioni in materia di formazione dell’atto di nascita che impediscono la indicazione in esso di due madri, l’una asseritamente tale per aver recato l’ovulo, l’altra per aver condotto a termine la gravidanza e messo al mondo il figlio24. Si trattava di cittadino statunitense nato in Italia; il suo stato di filiazione era disciplinato dal diritto del Wisconsin, ma l’atto doveva necessaria- mente formarsi in Italia. 

Invero, nella fattispecie la questione era stata mal posta, e quindi giusta- mente la Corte l’ha ritenuta inammissibile, tuttavia la motivazione reca affermazioni di grande rilevanza 25. 

Le originarie ricorrenti avevano sostenuto nell’ambito del giudizio di costituzionalità che il Tribunale di Pisa avrebbe dovuto direttamente riconoscere che il diritto interno non impedisce la dichiarazione di nascita espressa congiuntamente dalle due donne, che a torto, dunque, l’Ufficiale di Stato Civile avrebbe rifiutato di ricevere. Come a dire che, seguendo un’interpretazione costituzionalmente orientata, il remittente avrebbe potuto accogliere la richiesta diretta alla formazione dell’atto di nascita di cui trattasi. Nel respingere siffatta affermazione, la Corte osserva che 

è pur vero che la genitorialità del nato a seguito del ricorso a tecniche di PMA è legata anche al “consenso prestato”, e alla “responsabilità” conseguentemente assunta, da entrambi i soggetti che hanno deciso di accedere ad una tale tecnica procreativa (omissis) Ma tutto ciò sempre che quelle coinvolte nel progetto di genitorialità così condiviso siano coppie “di sesso diverso”. 

Aggiunge ancora la Corte, richiamando la già citata sentenza n. 221/2019, che “[l’]esclusione dalla PMA delle coppie formate da due donne non è […] fonte di alcuna distonia e neppure di una discriminazione basata sull’orientamento sessuale”. 

Dunque, l’eccezione era comunque infondata per la ragione che, a ben vedere, argomentando anche da Corte cost. n. 272/201726, è la Costituzione stessa (artt. 29 e 30) ad esigere che i rapporti genitori-figli corrano tra un figlio, un padre e una madre e ciò non ha alcun carattere discriminatorio27, né può ledere l’interesse del figlio, che la legge dispone sia quello di conseguire uno stato legale, non necessariamente corrispondente alla verità genetica, ma coerente col fatto che l’embrione si forma dall’unione di uno spermatozoo e di un ovulo. Del resto, la stessa ordinanza di remissione era consapevole che il vero problema non fosse rappresentato dalle norme impugnate, cioè gli artt. 449, c.c.; 29, comma 2, e 44, comma 1, d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396; 250, c.c.; 5 e 8, l. 19 febbraio 2004, n. 40, che si limitano a far riferimento ai genitori al fine della formazione dell’atto di nascita, bensì da quelle a monte, dalle quali deriva il concetto stesso di genitorialità, riconoscendo che il diritto italiano non è genderneutral e che tale costruzione non è di per sé costituzionalmente illegittima. Essa dunque aveva ammesso che, dal punto di vista del diritto interno, appare allo stato escluso che genitori di un figlio possano essere due persone dello stesso sesso e, a tale riguardo, la Corte costituzionale ha precisato che detta affermazione, assunta in premessa dal Tribunale di Pisa, «resiste, dunque, a censura». 

Al riguardo è altresì opportuno sottolineare il nesso evidenziato dalla cita- ta sentenza n. 138/201028 tra gli articoli 29 e 30, che reca evidente, nel disegno della Costituzione, il legame tra famiglia, matrimonio e figli, il quale non esclude la tutela apprestata al rapporto genitori e figli anche a prescindere dal matrimonio, fermo restando che di genitori, cioè di coppia almeno in potenza idonea alla generazione, si tratti. 

Se non è incostituzionale la riserva del matrimonio alle coppie eterosessuali come può esserlo l’attribuzione dello stato di figlio solo a chi è generato da una coppia uomo-donna? È estranea alla Costituzione l’idea che possano costituire coppia genitoriale due soggetti dello stesso sesso, incapaci, per natura e per artificio, di generare29. In questo senso è rilevante il riconoscimento dei diritti della famiglia come società naturale, che segna il perimetro applicativo di tutte le disposizioni che seguono il primo comma dell’art. 29. 

4. I nuovi problemi della filiazione sotto la lente della Corte di cassazione 

Il tema della surrogazione di maternità è stato di recente affrontato anche dalle Sezioni Unite della Cassazione30, che hanno fatto ampio richiamo ai principi costituzionali in materia familiare. 

Nella fattispecie esaminata l’ufficiale di stato civile aveva rifiutato di provvedere alla rettificazione dell’atto di nascita richiestagli al fine di far risultare una seconda paternità dei nati in capo ad un soggetto con il quale essi non avevano alcun rapporto genetico. 

La Corte d’appello di Trento31 aveva ritenuto che il divieto posto dalla legge n. 40/2004 non precludesse il riconoscimento in capo al genitore intenzionale, trattandosi, a suo dire, di disposizioni che non costituiscono espressione di principi vincolanti per il legislatore ordinario, che godrebbe di un ampio margine di apprezzamento nella regolamentazione della materia, rilevato altresì che il nostro ordinamento non prevede un modello di genitorialità fondato esclusivamente sul legame biologico, e altresì considerato che occorresse con- ferire rilievo all’interesse superiore dei minori in questione, identificato nel diritto a conservare lo status di figli loro riconosciuto dall’atto formato all’estero, nonché alla consapevole decisione dei richiedenti di accudirli e allevarli. 

Non v’è chi non veda come fosse deformata la lettura dei principi costituzionali offerta dalla Corte territoriale, la cui decisione è stata cassata. 

Con riferimento al tema dell’ordine pubblico, le Sezioni unite confermano che l’ordine pubblico internazionale non è identificabile con quello interno e che non vi è coincidenza tra le norme inderogabili dell’ordinamento italiano e i principi di ordine pubblico rilevanti ai fini dell’applicazione di provvedi- menti o leggi stranieri. Richiamando la sentenza del 201632, che era stata invocata dalla Corte d’appello come precedente coerente rispetto alla propria decisione, le Sezioni unite evidenziano le differenze tra le due fattispecie, poiché la prima aveva ad oggetto la trascrizione nei registri dello stato civile di un atto di nascita formato all’estero riguardante un minore generato da due donne a ciascuna della quali egli risultava legato da un legame rispettivamente biologico e genetico, senza che si desse luogo a surrogazione di maternità; mentre quella oggetto della decisione è annoverabile a pieno titolo tra le ipotesi di maternità surrogata caratterizzandosi proprio per l’accordo intervenuto con una donna estranea alla coppia genitoriale committente, che aveva provveduto alla gestazione e al parto, rinunciando tuttavia ad ogni di- ritto sui nati. 

Conseguentemente le Sezioni unite richiamano la sentenza n. 24001/201433, secondo la quale il divieto posto dall’art. 12, comma 6, l. n. 40/2004, è qualificabile di ordine pubblico stante la sanzione penale che commina in caso di violazione, facendo notare che vengono in rilievo la dignità della gestante e l’istituto dell’adozione con i quali la surrogazione si pone in conflitto; la sentenza aveva escluso che tale divieto si ponesse in contrasto con l’interesse del minore, rilevando che tale interesse si realizza proprio attribuendo la maternità a colei che partorisce e affidando all’adozione la realizzazione della genitorialità disgiunta dal legame biologico. 

Le Sezioni Unite censurano dunque la decisione tridentina sia perché aveva negato che l’art. 12, l. n. 40/2004, costituisse norma di ordine pubblico e sia per aver trascurato le indicazioni emergenti dalla giurisprudenza costituzionale e specialmente dalla sentenza n. 272 del 2017, nella quale, come si è ricordato, è stato scritto a chiarissime lettere che il divieto della maternità surrogata impone la presa d’atto della verità, che in questo specifico caso ri- veste natura pubblica «in quanto correlato a una pratica che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, e per tale motivo è vietata dalla legge»34. 

È interessante notare che, in quest’ottica, l’interesse del minore non può essere demandato ad una generica e astratta valutazione di un indimostrato e presunto vantaggio a che il figlio mantenga lo status conseguito all’estero, nonostante la pacifica insussistenza di un rapporto biologico con il genitore intenzionale. Osservano le Sezioni Unite, sulla scia della Corte costituzionale, che un consimile interesse è comunque 

destinato ad affievolirsi in caso di ricorso alla surrogazione di maternità il cui di- vieto, nell’ottica fatta propria dal giudice delle leggi, viene a configurarsi come l’a- nello necessario di congiunzione tra la disciplina della procreazione medicalmente assista e quella generale della filiazione, segnando il limite oltre il quale cessa di agire il principio di autoresponsabilità fondato sul consenso prestato alla predetta pratica e torna ad operare il favor veritatis, che giustifica la prevalenza dell’identità genetica e biologica.35 

Tornando alla prospettiva in cui si colloca questo lavoro, volto a valorizzare la rilevanza attuale dei principi della Costituzione in materia familiare, ritengo si possa osservare che la preclusione al riconoscimento degli effetti della surrogazione di maternità effettuata all’estero non riposi esclusivamente sull’art. 12 della legge n. 40, quanto piuttosto proprio sui principi costituzionali rinvenibili negli artt. 2, 29, 30 e 32 della Costituzione che, a mio avviso, rappresentano uno sbarramento invalicabile agli atti o provvedimenti esteri, qualunque sia la nozione di ordine pubblico che si intenda adottare, essendo incontroverso che atti e provvedimenti stranieri non possano mai ledere i principi fondamentali della Costituzione36.  

Al riguardo sia consentito osservare che nella maternità surrogata, anche in quella oblativa, tutto all’opposto di quanto accade con l’adozione, che serve a dare una famiglia a chi non ce l’ha37, si crea ad arte una vita al fine ultimo di cederla ai committenti – poco importa se a titolo gratuito o di solidarietà e se la coppia committente sia di persone di diverso o dello stesso sesso –, con la pretesa giuridica, da un lato, di impedire il sorgere dello status di maternità in capo alla donna partoriente e, dall’altro, di crearne altri in capo a soggetti che abbiano espresso una conforme intenzione, in spregio agli artt. 29 e 30 Cost. 

Ma ancor prima, quello che a mio avviso la Costituzione nega è che una persona umana – nella specie il figlio che viene pianificato e artificialmente procreato – sia concepita e messa al mondo da terzi allo scopo esclusivo di assicurare il soddisfacimento dell’interesse di avere figli di chi, estraneo al concepimento e alla gestazione, non è in grado di averne. È significativo richiamare non solo l’art. 2, ma anche l’art. 32 Cost., che, nel tutelare la salute come fondamentale diritto dell’individuo, stabilisce che in materia di trattamenti sanitari «la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». È ovvio che il riferimento è in primo luogo alla persona del soggetto dei trattamenti sanitari; tuttavia, a ben vedere nel trattamento nella complessa tecnica medica che conduce alla gestazione nell’interesse di altri, tra le persone coinvolte va ricompresa anche quella del nato sin dal suo concepimento, la cui dignità deve dunque essere preservata, con la conseguenza di vietare che la sua messa al mondo venga strumentalmente attuata al fine di superare la sterilità – non importa se contingente o assoluta – della coppia committente. 

In questo senso vanno apprezzate le dure, chiare e profonde parole della sentenza n. 272 del 2017 sopra richiamate, secondo le quali la surrogazione «mina nel profondo le relazioni umane», indissolubilmente riferite alla condanna, ricavabile dalle disposizioni sopra citate, di ogni forma di assoggettamento di un essere umano al soddisfacimento di bisogni altrui. 

5. La solidarietà postconiugale sotto la lente delle Corti 

Veniamo ora all’altra questione in cui di recente hanno trovato significativa applicazione diretta i principi costituzionali che ci occupano, cioè quella della solidarietà postconiugale. Al riguardo la Corte costituzionale38, su ricorso del Tribunale di Firenze39, che intendeva discostarsi dal diritto vivente alla cui stregua l’assegno di divorzio doveva essere funzionale al mantenimento del tenore di vita matrimoniale, ha dichiarato non fondata la questione sollevata. Ciò in considerazione dell’orientamento della Corte di cassazione, all’epoca consolidato, secondo il quale il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio rilevava per determinare in astratto il tetto massimo della misura dell’assegno che, in concreto, doveva poi bilanciarsi con tutti gli altri criteri indicati nell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970. Cosicché tutti gli altri parametri indicati agivano come fattori di moderazione e diminuzione della somma considera- ta in astratto e potevano valere anche ad azzerarla, evitando quindi rigidità tali da porsi in contrasto con i precetti costituzionali. Nonostante la chiara statuizione del Giudice delle leggi di cui si è appena detto, la prima sezione della Cassazione40 nel maggio 2017 aveva abbandonato, con la sentenza n. 11504/2017, il parametro del tenore di vita matrimoniale, considerando l’ex coniuge richiedente quale «persona singola», non più parte di un rapporto matrimoniale ormai estinto. È ben noto che le S.U., raccogliendo le critiche di parte della dottrina alla predetta sentenza41, con una originale statuizione hanno sottoposto a completa revisione l’interpretazione dell’art. 5, comma 6, l. 898/197042, discostandosi sia dall’indirizzo tradizionale di cui era espressione la sentenza delle S.U. n. 11490/199043, sia da quello innovativo del 2017, in qualche modo tornando all’antico. 

Le S.U. procedono in primo luogo ad una analisi dei citati orientamenti, accomunati dal fatto che, per entrambi, la norma dell’art. 5, comma 6, imporrebbe una distinzione tra il criterio attributivo dell’assegno, di natura assistenziale, e gli altri meramente determinativi. 

Quanto a quello più risalente, le S.U. dichiarano di condividere il rilievo che era stato mosso al parametro del tenore di vita matrimoniale, la cui applicazione potrebbe comportare rischi di «locupletazione ingiustificata dell’ex coniuge» (par. 9 della sentenza) e, al contempo, marginalizzarne l’apporto fornito nella conduzione e nello svolgimento dell’attività endofamiliare44. A parere di chi scrive, in verità, la censura appare in sé piuttosto debole, in quanto tra- scura la funzione dei criteri legali di moderazione del quantum, ampiamente applicati dalla giurisprudenza fedele al tenore di vita45. Sembra piuttosto che l’appunto sia essenzialmente prodromico all’affermazione del criterio perequativo compensativo, finalizzato alla valorizzazione dell’apporto fornito dall’ex coniuge nella conduzione della complessiva attività endofamiliare, «cui il Collegio ritiene di attribuire primaria e peculiare importanza» (par. 9). 

Ben più serrata la critica all’indirizzo inaugurato dalla sentenza n. 11504/ 2017 – che, si ricordi, si era discostata dal principio di diritto precedentemente enunciato dalle S.U. rispetto a una fattispecie peculiare e nonostante l’art. 374, comma 3, c.p.c. – cui le S.U. rimproverano di aver trascurato la rilevanza delle scelte «comuni fondate sull’autodeterminazione e sull’autoresponsabilità di entrambi i coniugi, [nonché] la perdurante situazione di squilibrio di genere nell’accesso al lavoro» (par. 9). Alla stessa pronuncia si imputa altresì, e il profilo è nel contesto di questo lavoro di primario rilievo, di aver male applicato l’art. 2 Cost. e trascurato il canone dell’uguaglianza dell’art. 29 Cost. In questo quadro, la censura più severa rivolta alla decisione della Prima sezione è quella di aver reso l’applicazione del criterio relativo al contributo dato da ciascun coniuge meramente eventuale, senza tener conto che esso è «direttamente conseguente dal principio costituzionale della pari dignità dei coniugi»46 (par. 9). Occorre in questa sede enfatizzare questa affermazione, che rivitalizza appieno la portata applicativa delle norme costituzionali di cui ci si sta occupando. 

Dunque, è evidente l’intento della sentenza di esaltare la tutela del coniuge svantaggiato in chiave perequativa, specie in quelle situazioni «caratterizzate da una sensibile disparità di condizioni economico patrimoniali ancorché non dettate dalla radicale mancanza di autosufficienza economica ma piuttosto da un dislivello reddituale conseguente alle comuni determinazioni assunte dalle parti nella conduzione della vita familiare» (par. 10). 

Sotto questo riguardo, l’innovativa sentenza appare coraggiosa e condivisibile, considerato che l’art. 143 c.c., attuando l’art. 29 Cost., dopo aver stabilito che con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri, dispone che entrambi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia. Dunque, gli sposi, in linea di principio, sono obbligati, tendenzialmente in pari misura ancorché eventualmente con modalità differenti – a seconda della concordata attuazione delle rispettive capacità di lavoro possedute –, a far fronte alle esigenze familiari, che possono essere soddisfatte direttamente, attraverso la prestazione di cura, servizi o beni forniti dai coniugi ovvero, indirettamente, mediante la messa a disposizione di risorse patrimoniali47. Gli stessi criteri informano l’obbligo dei coniugi di mantenere, istruire ed educare e assistere moralmente i figli (artt. 147, 148, 316 bis c.c.)48. 

La concreta configurazione dei compiti dei coniugi e il relativo bilancia- mento della contribuzione discendono dagli accordi conclusi tra loro, ai sensi dell’art. 144 c.c. È evidente che il contenuto di tali accordi – che debbono uni- formarsi ai principi costituzionali di solidarietà e di eguaglianza (artt. 2, 3, 29, 30, 37, comma 1, c.c.) – può dar luogo a svariati assetti familiari, che spaziano dal modello tradizionale, caratterizzato da una netta separazione dei ruoli tra marito e moglie e tra padre e madre, a quelli contemporanei, in cui si rinviene una tendenziale fungibilità delle funzioni e dei contributi49. 

Il forte richiamo al principio di solidarietà manifesta, a mio avviso, una significativa inversione di rotta rispetto alle tendenze, che parevano destinate a prevalere, di svalorizzazione del vincolo matrimoniale e di incondizionata affermazione del diritto di ciascuno sposo di liberarsi dei relativi vincoli50. Si consideri che la parola ‘solidarietà’ ha quale significato principale quello di impegno etico sociale a favore di altri. Il termine indica un atteggiamento di benevolenza e comprensione, che si manifesta e si esprime in uno sforzo attivo e gratuito teso a venire incontro alle esigenze e ai disagi di qualcuno che abbia bisogno di aiuto. Solidarietà significa, dunque, unione, accordo, aiuto, appoggio, sostegno, fratellanza, comunanza, spirito di corpo. Il suo contrario è disaccordo, inimicizia, ostilità, egoismo, individualismo, indifferenza. 

Con riguardo alla famiglia e, nello specifico, ai rapporti di coppia, il termine non compare né nella Costituzione, né nel codice, mentre l’art. 2 Cost. richiede al singolo l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale51. 

Naturalmente c’è l’art. 29 Cost., che, col riconoscere i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, reca con sé l’idea stessa di una comunità solidale, come poi è esplicitato dal secondo comma che, nell’enunciare l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ne prevede limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare, endiadi che mi pare rappresentare le fase suprema della solidarietà familiare, e come tale, assurgere a valore po- sto a garanzia della sopravvivenza stessa della compagine domestica52. Anche l’art. 144 c.c. considera preminenti, rispetto alle esigenze dei coniugi, quelle della famiglia medesima. Infine, è naturalmente assai rilevante l’art. 30 Cost., che impone ai genitori compiti di mantenimento, istruzione ed educazione dei figli; compiti che costituiscono l’adempimento dei primigeni doveri di solidarietà. La solidarietà si colloca, dunque, alla base della comunione spirituale e materiale tra gli sposi, che costituisce l’essenza ultima del matrimonio (art. 1, l. n. 898/70). 

L’impegno solidaristico deve fare i conti con la libertà individuale di separarsi, di divorziare e costituire una nuova famiglia, anche attraverso un’unione civile o una mera convivenza, secondo un paradigma che a mio avviso in origine non era enunciato nell’ordinamento53, ma che è stato da tempo riconosciuto, con l’attitudine creativa di cui ha più volte dato prova, dalla Cassazione54. 

Si consideri infine che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea colloca la garanzia della protezione della famiglia all’art. 33, nel capo IV, titolato «Solidarietà»55. È evidente che qui il riferimento è alle tutele economi- co-sociali e giuridiche riconosciute dallo Stato alla famiglia, sulla scia di quanto previsto dall’art. 31 e anche dall’art. 37 Cost., che è stato “riscritto” con taglio più attuale. I diritti – declinati in chiave individuale – alla propria vita familiare, a sposarsi e a costituire una famiglia sono invece collocati nel capo II, titolato «Libertà». In questo contesto, si potrebbe dire che la visione europea non coincida con quella della Costituzione ma sia improntata ad un’ideologia più sensibile ai diritti del singolo piuttosto che alla visione comunitaria reca- ta dall’art. 29 Cost. e attuata dalla riforma del 1975, che intendeva superare l’ideologia istituzionale e gerarchica della famiglia senza tuttavia cadere nelle secche dell’individualismo. 

6. Conclusioni 

Torniamo alla constatazione dalla quale siamo partiti e cioè che la famiglia cui si riferiva il Costituente – quella degli artt. 29 e 30 che privilegiano l’unità familiare e la famiglia legittima ad esse subordinando l’eguaglianza tra coniugi e la parità tra figli nati nel o fuori del matrimonio, ma anche 31, col suo particolare riguardo alle famiglie numerose, 37, con il richiamo all’adempimento della essenziale funzione familiare della donna lavoratrice, 47, co. 2, che esprime il favore all’accesso del risparmio alla proprietà diretta coltivatrice – non esiste più e che le norme richiamate che in essa si riflettono paiono fossili, cioè resti pietrificati di un organismo un tempo vivente. 

Non per nulla si ritiene probabile che la coppia monogama sia stata intro- dotta nella fase in cui è comparsa l’agricoltura, allorché il maschio ha assimilato l’importanza della compagna, diventata madre, per la discendenza di figli che ha cominciato a considerare di aver generato; l’agricoltura esige che la famiglia sia stanziale e, quindi, stabile, come è stato assicurato dal matrimonio56. Oggi l’agricoltura ha perso d’importanza e comunque è da tempo industrializzata: in ogni campo il valore supremo è quello della mobilità, della disponibilità al lavoro ed al consumo57 e per i vincoli rigidi – come il matrimonio tradizionale58 – lo spazio è assai ristretto, riservato alla volontaria e libera scelta, ovviamente meramente fattuale, di pochi irriducibili. 

In questo quadro, nelle pagine che precedono si è cercato di dimostrare che oggi la funzione dei principi costituzionali in materia familiare non è quella di impedire l’ingresso nel mondo del diritto delle nuove modalità relazionali che la vita concreta mette in luce, quanto piuttosto di selezionarne le domande di tutela alla stregua dei valori fondamentali enunciati dalla Costituzione, che in tal modo conservano la loro vitalità. Abstract [Ita] 

Attraverso un cambiamento di interpretazione profondo e radicale, i principi costituzionali in materia di famiglia non hanno impedito l’ingresso nel mondo del diritto di nuove fattispecie familiari, emergenti dalla realtà sociale. L’unico limite posta a tale processo sembrerebbe essere il vaglio di compatibilità tra le nuove istanze di tutela ed i valori enunciati dalla Costituzione. Si veda l’introduzione del divorzio, la parificazione dei figli legittimi ed illegittimi, le sentenze sull’adulterio o le tecniche di fecondazione, arrivando al sorpasso, parziale e settoriale, del significato originale del testo degli anni Quaranta. In tema di filiazione la Corte Costituzionale ha ribadito il concetto per cui, anche tramite p.m.a., il modello familiare sia caratterizzato dalla presenza di un padre ed una madre escludendo le coppie omosessuali, senza discriminazione alcuna, in attesa dell’intervento del Legislatore. Inoltre, sia la Corte Costituzionale che la Cassazione hanno fatto propri i principi di solidarietà ed uguaglianza coniugale e postconiugale dando ad entrambi i coniugi il dovere di contribuire ai bisogni della famiglia in base alle proprie sostanze e capacità, oltre al dovere di mantenere, istruire ed educare la prole. Riconoscono la libertà di separarsi e creare una nuova famiglia, in quel caso l’assegno di divorzio non deve essere più calcolato considerando il solo tenore di vita matrimoniale ma deve tener conto anche di altri parametri che possono diminuire o anche azzerarne l’importo. 

Parole chiave: famiglia, Corte Costituzionale, solidarietà ed uguaglianza coniugale, divorzio, filiazione. 

Abstract [Eng] 

Constitutional principles governing family have not prevented the emergence of new kind of relationships thanks to a deep and radical process of legal interpretation, whose limits could however be possibly found in the values en- shrined in the Constitution itself. Examples are provided by the introduction of divorce, the recognition of equal rights to children born out of wedlock and the rulings on adultery or artificial fecundation, which have deeply influenced of the original meaning of the text of Constitution as approached in the 1940s. With respect to filiation, the Constitutional Court has stressed (also in case of assisted reproduction) that the recognised model of family requires a union between a father and a mother, thus excluding same sex partners from such notion (at least until the parliament will take care of the matter). Both the Constitutional Court and the Supreme Court of Cassation have also acknowledged the value of the principles of solidarity and equality in marital and post-marital relationships and have formalized a reciprocal duty on spouses to contribute to family’s needs in accordance with their capacity and a shared duty to maintain 

Diritto di famiglia e Costituzione oggi 175 

and educate the children. The freedom to separate from the spouse and start a new family has been recognised, even though this has been deemed having a consequence on the divorce spouse support, whose amount has to take into account parameters that may reduce or even cancel, while it could no longer be based on the previous living standard of the separating spouse. 

Keywords: family, Constitutional Court, solidarity and parity among spouses, divorce, filiation. 

1 M. Segni, Unioni civili: non tiriamo in ballo la Costituzione, in Nuova giur. civ. comm., 2015, p. 707 ss. 

2 M. Sesta, La famiglia tra funzione sociale e interessi individuali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2017, p. 573 ss.; e in Principi, regole, interpretazione. Contratti e obbligazioni, famiglie e successioni, in G. Conte – S. Landini (a cura di), Scritti in onore di Giovanni Furgiuele, Universitas Studiorum, Mantova 2017, p. 235 ss. 

3 T. Mancini, Uguaglianza tra coniugi e società naturale nell’art. 29 Cost., in Riv. dir. civ., 1963, p. 225. 

4 L’A. cita al riguardo le risalenti interpretazioni di C. Grassetti, I principii costituzionali relativi al diritto familiare, in P. Calamandrei, A. Levi (diretto da), Commentario sistematico alla Costituzione italiana, Barbera Editore, Firenze 1950, p. 285 ss.; C. Esposito, Famiglia e figli nella Costituzione italiana, in Scritti in onore di Antonio Cicu, Giuffrè, Milano 1951, t. 2, p. 555 ss.; A. Trabucchi, Morte della famiglia o famiglie senza famiglia, in Riv. dir. civ., 1988, I, p. 24 s.; cfr. al riguardo M. Sesta, Manuale di diritto di famiglia, VIII ed., Cedam, Padova 2019, p. 9 ss. 

5 L. Carraro, Filiazione naturale, Note introduttive agli artt. 110-112 Nov., in Id. – G. Oppo – A. Trabucchi (a cura di), Commentario alla riforma del diritto di famiglia, vol. I, t. 2, Cedam, Padova 1977, p. 645 ss.; G. Gabrielli, Successione necessaria, ivi, pp. 824 ss.; F. Santoro-Passarelli, Significato attuale del diritto nell’organizzazione e nella vita della famiglia, in Atti del II Convegno di Venezia, Cedam, Padova 1972, p. 9 ss.; R. Nicolò, Os- servazioni generali, ivi, pp. 159, 164. 

6 M. Sesta, voce Filiazione (diritto civile), in Enc. dir., Annali, vol. VIII, Giuffrè, Milano 2015, p. 446; G. Ferrando, La nuova legge sulla filiazione. Profili sostanziali, in Corr. giur., 2013, p. 525 ss. 

7 M. Segni, Unioni civili, cit., p. 714. 

8 Corte cost., 28 novembre 1961, n. 64, in Giur. cost., 1961, p. 1224 ss., e in Foro it., 1961, c. p. 1777 ss.; Corte cost., 19 dicembre 1968, n. 126, in Giur. cost., 1968, p. 2175 ss., con note di G. Gianzi, L’adulterio alla luce di due importanti sentenze della Corte costituzionale; F. Modugno, L’adulterio come delitto e come causa di separazione (in margine al commento del prof. Salvatore Satta alle sentenze n. 126 e n. 127 della Corte costituzionale); R. Zaccaria, Adulterio: violazione dell’eguaglianza tra coniugi non «giustificata» dall’unità della famiglia

9 P. Rescigno, Per una rilettura del codice civile, in Giur. it., 1968, parte IV, p. 209 ss. In argomento cfr. altresì i saggi di ora raccolti in Id., Matrimonio e famiglia. Cinquant’anni del diritto italiano, Giappichelli, Torino 2000. 

10 P. Zatti, Tradizione e innovazione nello specchio del diritto, in G. Ferrando – M. For- tino – F. Ruscello (a cura di), Famiglia e matrimonio, Relazioni familiari – Matrimonio – Fa- miglia di fatto, in P. Zatti (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, II ed., vol. I, t. 1, Giuffrè, Milano 2011, p. 42 ss. 

11 M. Sesta, La famiglia tra funzione sociale e interessi individuali, cit., p. 576. 12  M. Segni, Unioni civili: non tiriamo in ballo la Costituzione, cit., p. 708 ss. 

13  G. Bonilini, Convivenza, matrimonio, unione civile e famiglia, in Diritto delle successioni e della famiglia, 2017, p. 765 ss.; v. Corte costituzionale, 15 aprile 2010, n. 138, in Fam. dir., 2010, p. 653 ss., con nota di M. Gattuso, La Corte costituzionale sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. 14  Corte cost., 23 ottobre 2019, n. 221, in: www.dejure.it. 

15  Cfr. Corte cost. n. 221/2019, cit. 

16  Si tratta di Corte costituzionale 10 giugno 2014, n. 162, accolta in vario modo dai commentatori e consultabile in Eur. dir. priv., 2014, p. 1105 ss., con nota di C. Castronovo, Fecondazione eterologa: il passo (falso) della Corte costituzionale.; e in Corr. giur., 2014, p. 1062 ss., con nota di G. Ferrando, La riproduzione assistita nuovamente al vaglio della Corte costituzionale. L’illegittimità del divieto di fecondazione «eterologa»

17 Corte cost., n. 221/2019, cit.; Corte cost., 18 dicembre 2017, n. 272, in Foro it., 2018, p. 21 ss., con nota di G. Casaburi, Le azioni di stato alla prova della Consulta. La verità non va (quasi mai) sopravvalutata

18 Cassazione civile, Sezioni Unite, 8 maggio 2019, n. 12193, in Fam. dir., 2019, p. 653 ss., con note di M. Dogliotti, Le Sezioni Unite condannano i due padri e assolvono le due madri, e G. Ferrando, Maternità per sostituzione all’estero: le Sezioni Unite dichiarano inammissibile la trascrizione dell’atto di nascita. Un primo commento

19 Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande Camera, parere, 10 aprile 2019, in Giur it., 2019, p. 1016 ss.; Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande Camera, 24 gennaio 2017, Paradiso e Campanelli c. Italia, ric. n. 25358/12, in Foro it., 2017, pp. 1122 ss., con nota di G. Casaburi, La Corte europea cambia opinione: l’allontanamento di un bambino nato da maternità surrogata e in violazione delle disposizioni italiane sull’adozione internazionale non viola l’art. 8 Cedu; Corte europea dei diritti dell’uomo, sezione V, 26 giugno 2014, Labassee c. Francia, ric. n. 65941/11, in Nuova giur. civ. comm., 2017, p. 1122 ss., con nota di C. Campi- glio, Il diritto all’identità personale del figlio nato all’estero da madre surrogata (ovvero la lenta agonia dell’ordine pubblico internazionale); Corte europea dei diritti dell’uomo, sezione II, 28 agosto 2012, ric. n. 54270/10, Costa e Pavan c. Italia, consultabile su: www.Hudoc.echr.coa.int. 

20 Corte cost., n. 272/2017, cit. 21  Corte cost., n. 221/2019, cit. 

22  Corte cost. 5 giugno 2015, in Foro it., 2015, p. 2254 ss., con nota di G. Casaburi, La Corte costituzionale apre (con qualche ambiguità) l’accesso alla procreazione mediamente assi- stita.; Corte cost., n. 162/2014, cit.; si v. poi la citata Corte cost., n. 272/2017; cfr. M. Sesta, La procreazione medicalmente assistita tra legge, Corte costituzionale, giurisprudenza di merito e prassi medica, in Fam. dir., 2010, p. 839 ss. 

23 M. Segni, Unioni civili, cit., p. 711. 

24 Trib. Pisa, ordinanza 15 marzo 2018, n. 129, in Foro it., 2018, p. 1810, con nota di G. Ca- saburi, Le nuove forme di genitorialità: alla ricerca di fondamenta normative differenziate. 25  Cfr. Corte cost. 15 novembre 2019, n. 237, in: www.dejure.it. 

26  V. supra gli estremi completi. 

27  Cfr. Corte cost. n. 221/2019, cit. 28  Corte cost. n. 128/2010, cit. 

29  Ciò non è contraddetto dalla invero criticabile sentenza di Cassazione civile, sezione I, 30 settembre 2016, n. 19599, in Corr. giur., 2017, p. 181 ss., con nota di G. Ferrando, Ordine pubblico e interesse del minore nella circolazione degli “status filiationis”, che ha consentito la trascrizione di un atto di nascita formato all’estero recante l’accertamento della filiazione nei confronti di due donne, l’una che aveva donato l’ovulo e l’altra che aveva portato a termine la gestazione e partorito il figlio, stante l’apporto di entrambe alla nascita. 

30 Cass. civ., Sez. un., n. 12193/2019, cit. 

31 Corte d’appello di Trento, 23 febbraio 2017, in Corr. giur. 2017, p. 935 ss., con note di G. Ferrando, Riconoscimento dello status di figlio: ordine pubblico e interesse del minore e C.E. Tuo, Riconoscimento di status familiari e ordine pubblico: il difficile bilanciamento tra tutela della identità nazionale e protezione del preminente interesse del minore. 32  Cass. civ., n. 19599/2016, cit. 

33  Cass. civ., sez. I, 11 novembre 2014, n. 24001, in Foro it., 2014, p. 3414 ss., con nota di G. Casaburi, Sangue e suolo: la Cassazione ed il divieto di maternità surrogata; e in Corr. giur., 2015, p. 471 ss., con nota di A. Renda, La surrogazione di maternità tra principi costituzionali e interesse del minore. 34  Corte cost. n. 272/2017, cit. 

35  Consimili considerazioni mi avevano portato, prima dell’entrata in vigore della l. n. 40/2000 ad affermare che non si poteva ricavare dalla normativa all’epoca vigente siffatto principio di autoresponsabilità: M. Sesta, La maternità surrogata tra deontologia, regole etiche e diritto giurisprudenziale, in Corr. giur., 2000, p. 474; Id., Fecondazione assistita, la Cassazione anticipa il legislatore, in Fam. dir., 1999, p. 240 s. 

36 Cfr. Cassazione civile, Sezioni Unite, 5 luglio 2017, n. 16601, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 1399 ss., con note di A. Gambaro, Le funzioni della responsabilità civile tra diritto giurisprudenziale e dialoghi transnazionali, e P.G. Monateri, Le Sezioni Unite e le molteplici funzioni della responsabilità civile. Sul punto cfr. M. Sesta, Risarcimenti punitivi e legalità costituzionale, in Riv. dir. civ., 2018, p. 305 ss. 37  Cass. civ., Sez. un., n. 12193/2019, cit. 

38  Corte costituzione 11 febbraio 2015, n. 11, in Fam. dir., 2017, p. 537 ss., con nota di E. 

Al Mureden, L’assegno divorzile tra autoresponsabilità e solidarietà post-coniugale

39 Trib. Firenze 22 maggio 2013, n. 239, ord., in Fam. dir., 2014, p. 687, con nota di E. Al Mureden, Il parametro del tenore di vita coniugale nel “diritto vivente” in materia di assegno divorzile tra persistente validità, dubbi di legittimità costituzionale e esigenze di revisione

40 Cassazione civile, 10 maggio 2017, n. 11504, in Fam. dir., 2017, p. 642 ss, con note di E. Al Mureden, L’assegno divorzile tra autoresponsabilità e solidarietà post-coniugale e di F. Danovi, Assegno di divorzio e irrilevanza del tenore di vita matrimoniale: il valore del pre- cedente per i giudizi futuri e l’impatto sui divorzi già definiti; in Giur. it., 2017, p. 1799 ss, con nota di C. Rimini, Assegno di mantenimento e assegno divorzile: l’agonia del fenomeno assistenziale; in Nuova giur. civ. comm., 2017, p. 1274 ss., con nota di Id., Verso una nuova stagione per l’assegno divorzile dopo il crepuscolo del fenomeno assistenziale. Si v. anche M. Fortino, Il divorzio, l’“autoresponsabilità” dei coniugi e il nuovo volto della donna e della famiglia, in Nuova giur. civ. comm., 2017, p. 1254 ss; E. Quadri, I coniugi e l’assegno di divorzio tra conservazione del “tenore di vita” e “autoresponsabilità”: “persone singole” senza passato?, in Corr. giur., 2017, p. 885 ss; M. Sesta, La solidarietà post-coniugale tra funzione assistenziale ed esigenze compensatorie, in Fam. dir., 2018, p. 516, ove si esprimeva l’auspicio che dal dibattito seguito alla sentenza della Prima sezione potesse «nascere – con il contributo di tutti, giudici, studiosi, avvocati e, soprattutto, il legislatore – un più ragionevole ed equo assetto dei rapporti patrimoniali seguenti alla crisi del matrimonio, in linea con i precetti costituzionali e con il nuovo stato giuridico del vincolo coniugale». 41  Cass. n. 11504/2017, cit. 

42  Per un’attenta ricostruzione della disciplina, v. C. Rimini, La crisi della famiglia, ne Il nuovo divorzio, t. 2, in A. Cicu – F. Messineo – L. Mengoni (già diretto da), P. Schlesinger (continuato da), Trattato di diritto civile e commerciale, Giuffrè, Milano 2015, p. 105 ss; A. Arceri, sub art. 5, legge 1 dicembre 1970, n. 898, in M. Sesta (a cura di), Codice della famiglia, III ed., Giuffrè, Milano 2015, p. 2756 ss; G. Bonilini, A. Natale, L’assegno post-matrimoniale, in G. Bonilini (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, t. 3, La sepa- razione personale dei coniugi. Il divorzio. La rottura della convivenza, Giuffrè, Milano 2016, p. 2871 ss., in particolare 2897. 

43 Cassazione civile, Sezioni Unite, 29 novembre 1990, n. 11490, in Foro it., 1991, I, 1, p. 67 ss., con note di E. Quadri, Assegno di divorzio: la mediazione delle sezioni unite e di V. Car- bone, Urteildämmerung: una decisione crepuscolare (sull’assegno di divorzio)

44 In argomento, si v. E. Al Mureden, Nuove prospettive di tutela del coniuge debole. Funzione perequativa dell’assegno divorzile e famiglia destrutturata, Ipsoa, Milano 2007, 243; Id., Crisi del matrimonio, famiglia destrutturata e perduranti esigenze di perequazione tra i coniugi, in Fam. dir., 2007, p. 233. 

45 Cfr. A. Totaro, Gli effetti del divorzio, in G. Ferrando – M. Fortino – F. Ruscello (a cura di), Separazione-Divorzio. Famiglia e matrimonio, in P. Zatti (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, II ed., vol. I, t. 2, Giuffrè, Milano 2011, p. 1607 ss., in particolare, 1635. 

46 M. Sesta, La solidarietà post-coniugale tra funzione assistenziale ed esigenze compensatorie, cit., 514, in cui già prima della pronuncia delle Sezioni Unite esprimevo l’avviso che nella  misura in cui l’assegno veniva convertito a sussidio alimentare risultavano violate le disposizioni degli articoli 2, 3, 29, 30, 31 e 37 Cost. 

47 In argomento, cfr. A. Falzea, Il dovere di contribuzione nel regime patrimoniale della famiglia, in Riv. dir. civ., 1997, p. 620. 48  Si v. M. Sesta, sub art. 316 bis, in Id. (a cura di), Codice della famiglia, cit., p. 1174 ss. 

49  Si v. il disegno di legge n. 737, «Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità», presentato al Senato il 10 settembre 2018. 

50 M. Sesta, La famiglia tra funzione sociale e tutele individuali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2017, p. 579 ss. 

51 A. Morrone, sub art. 2 Cost., in M. Sesta (a cura di), Codice dell’unione civile e delle convivenze, Giuffrè, Milano 2017, p. 39. 

52 M. Sesta, sub art. 29 Cost., in Id. (a cura di) Codice dell’unione civile e delle convivenze, cit., 86; Id., Persona e famiglia nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in Id. – V. Cuffaro (a cura di), Persona, famiglia e successioni nella giurisprudenza costituzionale, Esi, Napoli 2006, XV; A. Renda, Il matrimonio civile. Una teoria neo-istituzionale, Giuffrè, Milano 2013, 30. Per una ricostruzione storica del dibattito che accompagnò la formulazione dell’art. 29 Cost., P. Passaniti, Diritto di famiglia e ordine sociale. Il percorso storico della società coniugale, Giuffrè, Milano 2011, p. 503 ss. 

53 C. Grassetti, Principi costituzionali relativi al diritto familiare, cit., p. 283 ss.; L. Ferri, Il diritto di famiglia e la costituzione della Repubblica italiana, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1962, p. 112 ss. È solo a partire dagli anni Settanta che l’art. 29 è stato collocato in una prospettiva più generale e messo in stretta correlazione con i principi enunciati dagli artt. 2 e 3 della Costituzione, cfr. M. Bessone, Rapporti etico sociali, sub artt. 29-34, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione, Zanichelli, Bologna-Roma 1976, p. 1 ss. 

54 La giurisprudenza è giunta ormai da tempo ad affermare l’esistenza nell’ordinamento del diritto costituzionalmente garantito a ciascun coniuge di porre fine all’unione matrimoniale (Cassazione civile, Sez. I, 9 ottobre 2007, n. 21099, in Nuova giur. civ. comm., 2008, p. 519, con nota di L. Lenti, Il criterio per valutare l’intollerabilità della convivenza: la Cassazione abbandona declamazioni ideologiche e disvela le regole operative). 

55 E. Bergamini, sub art. 33, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in M. Se- sta (a cura di), Codice dell’unione civile e delle convivenze, cit., p. 163. 

56  A. Naouri, Adulteri, Codice Edizioni, Torino 2007, p. 25. 

57  Z. Bauman, Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi, Erickson, Trento 2007. 

58 Y. Bernand, Les temporalités dans le droit de la famille français: la famille à l’épreuve du «présentisme», ne Les Cahiers de Droit, 2018, p. 867. 

Competenze

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23 Giugno 2021

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