Si segnala una recente ordinanza (il cui testo è liberamente consultabile in calce) resa dal Tribunale di Palmi in una vertenza patrocinata dallo Studio, che affronta varie questioni collegate alla validità delle clausole di deroga ai criteri di competenza territoriale previsti dal Codice di rito (nella specie, contenute in contratti bancari), nonché all’applicabilità del foro di cui all’art. 24 L.F.
La vicenda trae origine da un’azione risarcitoria promossa avanti il Tribunale di Bologna da una Società nei confronti di un noto Istituto di Credito in relazione ai danni derivanti in capo alla medesima dal recesso dai rapporti in essere esercitato dalla Banca, ritenuto contrario ai canoni di buona fede contrattuale; la causa era stata dichiarata interrotta in ragione dell’intervenuto fallimento della Società attrice e, di poi, instaurata dalla Procedura avanti il Tribunale di Palmi (che aveva dichiarato il Fallimento).
In primo luogo, il Tribunale di Palmi, aderendo all’orientamento espresso dalla Suprema Corte (cfr. ex multis, Cass. n. 15202/2020 e Cass. n. 22313/2020), ha confermato la validità delle clausole contrattuali (cd. asimmetriche) di cui ai contratti sottoscritti dalla Società in bonis, che riconoscevano all’Istituto di credito la facoltà di promuovere le azioni contro la Correntista avanti vari fori specificamente individuati e, dall’altro, attribuivano la cognizione delle azioni promosse dalla Correntista, in via esclusiva, al solo Giudice del luogo della sede legale della Banca (cioè, Bologna).
In particolare, il Giudicante ha ritenute che la liceità di siffatte clausole deve ricondursi al “principio dell’autonomia negoziale, in presenza di inequivoca e concorde manifestazione di volontà delle parti, volta ad escludere – in caso di azione proposta dal cliente – la competenza degli altri fori previsti dalla legge, onde conferire carattere di esclusività al foro convenzionalmente determinato, ancorché appunto, a vantaggio di una sola parte”.
Il Tribunale di Palmi ha altresì precisato che l’unica questione che può in concreto porsi in ordine alla validità delle predette clausole è quella della specifica approvazione ex art. 1341 c.c. da parte del contraente cd. debole, requisito ritenuto soddisfatto nella fattispecie.
Al riguardo, si segnala che il Giudice, aderendo alla consolidata giurisprudenza di legittimità, ha ribadito il principio per cui “non è necessario che alla distinta sottoscrizione della clausola segua la trascrizione integrale del suo contenuto; a tal fine è, invero, sufficiente che la sottoscrizione sia apposta dopo indicazioni idonee a non fare dubitare del richiamo dell’attenzione del sottoscrittore, mentre è irrilevante che contestualmente vengano approvate anche altre clausole onerose ugualmente evidenziate”, altresì precisando che il requisito di cui all’art. 1341 c.c. è soddisfatto anche quanto “l’indicazione numerica della clausole richiamate sia stata accompagnata da una menzione, sia pure sommaria, del relativo contenuto”.
Il Tribunale ha poi affrontato la questione dell’opponibilità di dette clausole al Fallimento, risolvendola in senso affermativo alla stregua del principio per cui “allorquando il curatore aziona – come nel presente giudizio – un credito già presente nel patrimonio del fallito all’atto del fallimento, egli agisce in rappresentanza del fallito ex art. 43 l.f., con la conseguenza che le clausole derogative della competenza (e persino le clausole arbitrali), stipulate prima della dichiarazione di fallimento, sono certamente opponibili al fallimento (cfr. Cass. Sez. Un. nr. 10800/2015; Cass. civ nr. 7263/2013; Cass. civ. nr. 1879/2011; Cass. civ. nr. 18059/2004)”.
Da ultimo, il Tribunale di Palmi ha escluso l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 24 LF. – invocato dalla Procedura -, che, come noto, dispone che “Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore”.
In particolare, il Giudice ha ribadito il principio per cui il richiamo operato dalla predetta norma deve intendersi riferito esclusivamente a quelle azioni che sono strettamente connesse al fallimento e che trovano in esso il loro esclusivo fondamento (a titolo esemplificativo, l’azione revocatoria, le impugnazioni di competenza del Tribunale fallimentare, ecc.: cfr. ex multis Cass. n. 21009/2020). Per contro, “la vis actractivadel Tribunale fallimentare si arresta di fronte alle azioni che [ndr. come nella specie] già si trovino nel patrimonio del fallito all’atto del fallimento e che, in quanto tali, avrebbero potuto essere esercitate dall’imprenditore “in bonis”.
Sulla base delle predette considerazioni, il Tribunale di Palmi ha concluso per la propria incompetenza a favore del Tribunale di Bologna.