Michele Sesta, Profili attuali della solidarietà post-coniugale, in Divorzio 1970-2020 Una riflessione collettiva (a cura di Vincenzo Cuffaro), 2021, pp. 123-133

SOMMARIO: I cinquant’anni del divorzio. — 2. Le alterne vicende dell’assegno divorzile. — 3. La funzione compensativa e perequativa dell’assegno divorzile. — 4. La concreta attuazione del principio solidaristico.

1. I cinquant’anni del divorzio.

Sono trascorsi da poco cinquant’anni dall’entrata in vigore della legge 1o dicembre 1970 n. 898, che introdusse per la prima volta nell’ordinamento italiano il divorzio, vocabolo che, come noto, non figura nella legge e che neppure ora il legislatore adopera, se non in casi sporadici (1). Non solo non fu usata la parola divorzio, che all’epoca destava forti timori e contrasti, ma, per le stesse ragioni, il nuovo istituto non fu collocato nel codice civile, bensì in una legge speciale, tanto che, ancora a cinquant’anni dalla sua entrata in vigore, l’art. 149 c.c., nel disciplinare lo scioglimento del matrimonio, richiama la morte di uno dei coniugi e, genericamente, «altri casi previsti dalla legge», senza alcun riferimento specifico al divorzio; cosicché la regolamentazione codicistica della crisi matrimoniale si limita alla separazione personale dei coniugi, in coerenza con una visione del matrimonio legata alla sua indissolubilità e, quindi, ad un passato oramai remoto.

Mezzo secolo ci separa dalla legge che ha profondamente mutato la disciplina giuridica e la morfologia stessa del matrimonio e della famiglia, cosicché il suo importante compleanno è stato di recente festeggiato dalla rivista Famiglia e diritto con un numero monografico (2) ed e oggetto di varie iniziative celebrative. Questo perché si tratta di un mezzo secolo zeppo di riforme, scaturite proprio dall’introduzione del divorzio, che hanno favorito il passaggio dalla famiglia matrimoniale alle famiglie dei nostri giorni, dove il rapporto orizzontale di coppia e plurale e libero, mentre quello verticale, il rapporto genitori-figli, e unico e tendenzialmente per
sempre (3). Il mutamento che ha interessato sia la disciplina giuridica che la morfologia dei rapporti familiari, si è naturalmente riverberato sull’interpretazione delle disposizioni dettate dall’art. 5, co. 6, della L. n. 898/1970.

Per mettere nella giusta prospettiva il tema della solidarietà postconiugale occorre muovere dalla considerazione che nel 1965 furono celebrati 399.009 matrimoni (5.028 civili e 393.981 concordatari), nel 1970 395.509 (8.920 civili e 386.589 concordatari), nel 1987 306.264 (44.417 civili e 261.847 concordatari), nel 2000 284.410 (70.155 civili e 214.255 concordatari), nel 2019 184.088 (96.789 civili e 87.299 concordatari). Dunque, un declino evidente del matrimonio; per contro, il rapporto tra i divorzi e i matrimoni è in ascesa costante: un divorzio su 23,6 matrimoni celebrati nel 1971; uno su 11,3 nel 1987; uno su 7,56 nel 2000; uno su 2,15 nel 2019 (4).

E’ passato mezzo secolo dalla entrata in vigore della legge sul divorzio e l’oscillazione dell’assegno divorzile tra le estremità della solidarietà e quella della autoresponsabilità sembra non essersi ancora fermata, né all’orizzonte si intravede una netta propensione verso uno dei due poli. E’ evidente, comunque, la mutata rilevanza sociale del legame matrimoniale, che manifesta l’odierno differente approccio verso l’istituzione da parte della collettività e, quindi, condiziona gli orientamenti giurisprudenziali in materia di assegno divorzile (5).

2. Le alterne vicende dell’assegno divorzile.

Da tali premesse occorre prendere le mosse per fare il punto sulla questione dell’assegno divorzile, le cui alterne vicende, a ben vedere, costituiscono una sorta di cartina di tornasole rispetto all’individuazione del valore, giuridico e sociale, del vincolo matrimoniale.

Secondo il testo originario dell’art. 5 della legge, « Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio il tribunale dispone, tenuto conto delle condizioni economiche dei coniugi e delle ragioni della decisione l’obbligo per uno dei coniugi di somministrare a favore dell’altro periodicamente un assegno in proporzione alle proprie sostanze
e ai propri redditi. Nella determinazione di tale assegno il giudice tiene conto del contributo personale ed economico dato da ciascuno dei coniugi alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di entrambi. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in una unica soluzione » (6).

Come si vede, nessun riferimento alla durata del matrimonio, preso in considerazione come atto in sé, piuttosto che come rapporto prolungatosi nel tempo. E’ evidente che questa previsione sia specialmente orientata a finalità di compensazione da assicurarsi al coniuge debole e comunque rechi con sé una natura composita da riconoscersi all’assegno: assistenziale, risarcitoria e compensativa. La norma è coerente con l’idea di un divorzio quale rimedio eccezionale — avente un carattere spesso sanzionatorio —, e tiene conto del fatto che i matrimoni sino ad allora celebrati erano indissolubili e che la risolubilità era intervenuta quasi retroattivamente.

Con riguardo a detta disposizione, occorre ricordare che le SS.UU. nel 1974 affermarono il seguente principio di diritto: « L’assegno di divorzio non ha natura alimentare, ma ha natura composita: con funzione assistenziale (in quanto, attraverso la considerazione delle condizioni patrimoniali dei coniugi, tutela quello la cui situazione patrimoniale si sia deteriorata per effetto dello scioglimento del matrimonio), risarcitoria (in quanto, avendo riguardo alle ragioni della decisione, attribuisce rilievo, agli effetti patrimoniali, alla responsabilità per il fallimento del matrimonio) e compensativa (in quanto, mediante il riferimento al contributo dei coniugi alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di entrambi, e diretto a compensare l’impegno personale e gli apporti economici prestati in vista del benessere della famiglia). Gli elementi su indicati operano sia come criteri di attribuzione sia come parametri di determinazione e vanno tutti esaminati, con riguardo alla posizione di entrambe le parti » (7).

Nel 1987, sulla scia di molteplici sollecitazioni critiche (8), il legislatore intervenne modificando il comma 6 dell’articolo 5 (tuttora in vigore) come segue: «Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive».

Sono evidenti le plurime innovazioni introdotte, in modo particolare il riferimento alla durata del matrimonio e, soprattutto, ai mezzi adeguati di cui il coniuge richiedente non abbia disponibilità. Sembra dunque prevalente il riconoscimento della natura assistenziale dell’assegno (9).

Di qui l’applicazione bifasica della disposizione, che, a partire dal 1990, è stata seguita (10).

Naturalmente, il tema dei mezzi adeguati reca con sé l’individuazione del tertium comparationis, in quanto quello dell’adeguatezza è un parametro relativo, che, per essere valutato, richiede necessariamente una correlazione tra i mezzi di cui concretamente dispone l’ex coniuge, che sono certi, e quelli, incerti e da determinarsi, cui astrattamente ha diritto. Di qui il riferimento al tenore di vita precedentemente goduto, predicato dalle SS.UU. del 1990 (11) e più di recente condiviso dalla Corte costituzionale (12), seguito dalla giurisprudenza per quasi trent’anni; oppure quello, repentinamente formulato dalla Cassazione nel 2017 (13), al possesso in capo al coniuge richiedente (o alla capacità di procurarsi) mezzi tali da consentire un’esistenza libera e dignitosa.

Come dire: solidarietà versus autoresponsabilità.

In questo quadro, solidarietà significa consentire all’ex coniuge di mantenere il tenore di vita preesistente, salvi gli aggiustamenti dovuti in applicazione di tutti i criteri enunciati dalla legge, in una visione tendenzialmente criptoindissolubilista del matrimonio; autoresponsabilità significa, come si ricava dal paragrafo 1569 del codice civile tedesco, che dopo il divorzio ciascuno
dei coniugi deve farsi carico del proprio mantenimento (14).

Piu precisamente la disposizione citata stabilisce che se un coniuge, dopo il divorzio, non può provvedere da solo al proprio mantenimento, ha, nei confronti dell’altro, una pretesa di carattere alimentare solo in presenza di circostanze determinate dalla legge (§§ 1570-1577). Dunque, l’assegno di mantenimento ha carattere eccezionale e comunque non è dovuto quando il richiedente «può mantenersi da solo con i suoi proventi e il suo patrimonio» (§ 1577). In questo contesto autoresponsabilità sembra dunque significare che il coniuge in linea di principio deve darsi carico del proprio mantenimento dopo il divorzio attraverso il proprio lavoro o il suo patrimonio e che la solidarietà postconiugale opera solo eccezionalmente.

Tornando al diritto italiano, a mio avviso le cose sono più complesse, come testimonia la nota decisione delle Sezioni unite n. 18287/2018 (15), che indubbiamente ha sparigliato le carte.

Il testo della decisione evidenzia la difficoltà di girare pagina e risulta particolarmente complesso (16). Per contro, chiarissimo risulta il principio di diritto che chiude la motivazione, il quale tuttavia non riferisce integralmente i passaggi qualificanti elaborati nella stessa motivazione (17).

Volendo sintetizzare l’articolato decisum enunciato dalle Sezioni unite, penso possa dirsi che esse abbiano riscritto l’articolo 5, comma 6, della legge come segue: « Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno, quando quest’ultimo non ha, o comunque non puo procurarsi per ragioni oggettive, mezzi adeguati alle condizioni dei coniugi, alle ragioni della decisione, al contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, al reddito di entrambi. Tutti i suddetti elementi devono essere valutati in rapporto alla durata del matrimonio».

Sembra l’Uovo di Colombo, ma in realta` la riscrittura a mio avviso operata dalle SS.UU. — seguendo lo schema espositivo della norma originaria come emanata dal legislatore del 1970 e con le integrazioni introdotte nel 1987 — non si riduce affatto a un mero taglia e incolla della vigente disposizione di legge.

3. La funzione compensativa e perequativa dell’assegno divorzile.

A ben vedere, infatti, in forza dell’intervento delle SS.UU., da un testo formalmente invariato, scaturisce una norma nuova, alla quale la Corte perviene attraverso la revisione critica dei precedenti orientamenti e muovendo dalla rivalutazione del quadro costituzionale di riferimento, costituito dagli articoli 2, 3 e 29 cost. (18).
La chiave di volta del revirement è rappresentata dall’affermazione che il principio dell’eguaglianza morale e giuridica tra marito e moglie si coniuga indissolubilmente con l’autodeterminazione — che riguarda «la scelta di unirsi e di sciogliersi dal matrimonio» — e determina « la peculiarità della relazione coniugale cosı come declinata nell’art. 143 c.c., norma che ne costituisce la perfetta declinazione» (19).

Sotto questo riguardo, l’innovativa sentenza appare coraggiosa e condivisibile, considerato che l’art. 143 c.c., attuando l’art. 29 Cost, dopo aver stabilito che con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri, dispone che entrambi sono tenuti ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia. Dunque, gli sposi, in linea di principio, sono obbligati, tendenzialmente in pari misura, ancorché eventualmente con modalità differenti — a seconda della concordata attuazione delle rispettive capacita di lavoro possedute —, a far fronte alle esigenze familiari, che possono essere soddisfatte direttamente, attraverso la prestazione di cura, servizi o beni forniti dai coniugi, ovvero, indirettamente, mediante la messa a disposizione di risorse patrimoniali (20). Gli stessi criteri informano l’obbligo dei coniugi di mantenere, istruire ed educare e assistere moralmente i figli.

La concreta configurazione dei compiti dei coniugi e il relativo bilanciamento della contribuzione discendono dagli accordi conclusi tra loro ai sensi dell’art. 144 c.c. (21).

E’ evidente che il contenuto di tali accordi — che debbono uniformarsi ai principi costituzionali di solidarietà e di eguaglianza ex artt. 2, 3, 29, 30 e 37, comma 1, Cost. — puo dar luogo a svariati assetti familiari, che spaziano dal modello tradizionale, caratterizzato da una netta separazione di
compiti tra marito e moglie e tra padre e madre, a quelli contemporanei, in cui si rinviene una tendenziale fungibilità delle funzioni e dei contributi dei coniugi. La sentenza si concentra soprattutto sul modello tradizionale, in particolare sulle relazioni coniugali di lunga durata, ancorché non scenda mai a menzionare la funzione genitoriale dei coniugi, già assolta o ancora da assolversi dopo il divorzio, che, ai fini dell’assegno, ben può considerarsi rilevante in quanto da ricomprendersi (22) nella voce «contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare».

Proprio il forte richiamo al principio di solidarietà recato dalla sentenza manifesta, a mio avviso, una significativa inversione rispetto alle tendenze, che parevano destinate a prevalere, di svalorizzazione del legame matrimoniale e di incondizionata affermazione del diritto di ciascuno sposo di liberarsi dei relativi vincoli, recante l’obbligo dell’altro di provvedere a se stesso, oramai persona singola senza passato (23). L’art. 29, col riconoscere i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio porta con sé l’idea stessa di una comunità solidale, come poi e esplicitato dal secondo comma che, nell’enunciare l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi ne
prevede limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare, che, nella visione del legislatore costituente, rappresenta la manifestazione suprema della solidarietà familiare (24).

Ma oggi, sembra dirci la Corte di cassazione, occorre considerare che l’impegno solidaristico deve fare i conti con la libertà individuale di separarsi, divorziare e costituire una nuova famiglia (25), cosicché è proprio nel momento della rottura che esso viene alla ribalta.

Quindi, il principio di eguaglianza deve trovare applicazione sia nella fase fisiologica della vita matrimoniale sia, più ancora, nella fase della sua rottura, per evitare che, sciolto il vincolo, si producano effetti vantaggiosi solo per una parte: si tratta di ristabilire una situazione di equilibrio che con lo scioglimento del vincolo può venire a mancare (26).

In breve, l’assegno deve riequilibrare la situazione economico patrimoniale
degli ex coniugi e deve garantire un livello reddituale adeguato al contributo
fornito nella realizzazione della vita familiare pregressa (27).

Questa è la novità rispetto a tutti gli orientamenti precedenti, a partire
da quello del 1974 in poi.

In questo quadro tra solidarietà e autoresponsabilità si realizza una singolare sintesi: la scelta matrimoniale infatti reca con sé l’assunzione dell’obbligo, autoresponsabilmente assunto, di fare in modo che i coniugi escano dal matrimonio in condizioni di eguaglianza. L’applicazione di un consimile principio non configura affatto una « locupletazione illegittima », bensì, se correttamente eseguita sulla base dei criteri di legge, la coerente conseguenza delle scelte ‘‘autoresponsabilmente’’ effettuate durante la vita matrimoniale. Ne emerge dunque una nozione di autoresponsabilità ben diversa da quella cui fanno riferimento le richiamate disposizioni del BGB: in quel contesto, autoresponsabilità significa che, dopo il divorzio, il coniuge deve provvedere al proprio mantenimento; secondo il principio enunciato dalle SS.UU., per contro, il coniuge maggiormente dotato e tenuto a darsi carico di riequilibrare la situazione economico- patrimoniale dell’altro in adempimento delle decisioni liberamente assunte all’atto del matrimonio e durante la vita matrimoniale. In ogni caso la nozione di autoresponsabilità non va confusa con quella di autosufficienza e infatti, secondo le SS.UU., il diritto all’assegno può ben coesistere con la condizione di mera autosufficienza del richiedente, diversamente da quanto
predicato dalla precedente sentenza della Prima sezione, n. 11504/2017.

4. La concreta attuazione del principio solidaristico.

A mio modo di vedere, il principio solidaristico esige che, al venir meno della comunione spirituale e materiale, in presenza di un dislivello reddituale conseguente alle comuni determinazioni assunte dai coniugi e al diverso contributo dato nella conduzione della vita familiare, corrisponda un assegno che — in applicazione dei criteri legali, primo fra tutti la durata del matrimonio — renda tendenzialmente equilibrate le loro condizioni di vita. Il giudice è pertanto chiamato al compito di attribuire a quello più debole una quota del reddito dell’altro tale da far sıche essi escano dal matrimonio in condizioni di equilibrio, da determinarsi sempre in consonanza ai criteri determinativi di legge (28). Non si tratta di mantenere il tenore di vita precedente, ma di ‘‘riscuotere’’ quanto spetta per l’impegno profuso nella famiglia. Questa e la conseguenza della ‘‘autoresponsabilita’’.

E’ ovvio che questa operazione reca con sé margini di apprezzamento assai ampi e pertanto non risulta persuasiva l’affermazione della sentenza che un consimile procedere non determini un incremento della discrezionalità del giudice di merito. Invero, a fronte di taluni profili determinati o determinabili, come il divario economico patrimoniale, la durata del matrimonio, l’età, i compiti effettivamente svolti da ciascuno dei coniugi, vengono in rilievo parametri del tutto ipotetici, specialmente quelli attinenti alle aspettative professionali e reddituali sacrificate in funzione dell’assunzione del ruolo trainante endofamiliare.

Il profilo è di singolare rilevanza: la motivazione precisa che, ove la disparità reddituale e patrimoniale dipenda dalle determinazioni comuni e dai ruoli endofamiliari svolti e sia accertato che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull’assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all’interno della famiglia e dal conseguente contributo fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell’altro coniuge, occorre tenere conto di questa caratteristica della vita familiare nella valutazione dell’inadeguatezza dei mezzi e dell’incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive.

Il punto focale di questo ragionamento riguarda l’accertamento del sacrificio di aspettative professionali e reddituali. Invero la giurisprudenza, specie di merito (29), ha enfatizzato questo aspetto, che a parere di chi scrive è assai problematico, visto che in alcun modo figura nella tavola dell’art. 5, comma 6, e neppure nel principio di diritto della sentenza. In definitiva, quello del sacrificio di opportunità professionali non può essere un parametro dirimente, nel senso che, al verificarsi delle condizioni di legge, l’assegno potrà essere dovuto indipendentemente dalle opportunità professionali perdute.

E’ ovvio che il coniuge che abbia rinunciato ad una certa carriera professionale avviata e sicura pretenda un riconoscimento di questo sacrificio, come è altresì ragionevole che quello che non ha rinunciato ad una specifica professionalità abbia meno da pretendere. Ma anche in questo caso, ancorché non vi sia alcuna chance da risarcire, se c’é un «lavoro casalingo» (art. 143 c.c.) da retribuire, esso andrà monetizzato sulla base di una valutazione solidaristica che tenga conto delle reali condizioni reddituali e patrimoniali del coniuge forte e non in base a criteri estrinseci (30). Il che significa che l’assegno non potrà parametrarsi automaticamente né all’entità del potenziale reddito che il coniuge avrebbe percepito qualora si fosse dedicato all’attività di cui era — in atto o in potenza — capace, né al costo del lavoro domestico, dovendosi tener conto, al contrario, che in virtù dei principi solidaristici e della lettera stessa della legge, l’assegno
deve essere misurato sul reddito del coniuge forte. Ciò è di particolare evidenza nell’ambito dei divorzi ricchi: l’operaia che abbia sposato l’imprenditore rinunciando al proprio salario ed essendosi integralmente dedicata alla cura della famiglia, dopo quarant’anni di matrimonio, non potrà sentirsi dire che le spetta un assegno commisurato a quella retribuzione cui ha rinunciato o al valore del lavoro domestico, perché, in presenza naturalmente delle condizioni di cui all’articolo 5, comma 6, avrà diritto ad una porzione del reddito del marito che riequilibri la situazione. Chi ha contribuito col lavoro casalingo al soddisfacimento dei bisogni familiari ha — sempre ovviamente in applicazione di tutti i criteri legali — diritti proporzionati al reddito dell’altro coniuge che ha contribuito col lavoro professionale. Solo in tal modo l’assegno sarà adeguato (31).

Lo sforzo delle Sezioni unite è senz’altro meritevole di apprezzamento, tuttavia non ci si può illudere che esso possa cogliere sempre nel segno. La vita coniugale può articolarsi in maniera talmente variegata e complessa da rendere estremamente arduo stabilire chi e quanto ci abbia guadagnato e chi e quanto ci abbia rimesso e ancor più è impossibile — stante il carattere
periodico dell’assegno — rateizzare, per un tempo indefinibile a priori, quanto necessario a pareggiare i conti (32). Un ruolo di equilibrio molto importante dovrebbe essere svolto dal regime patrimoniale della famiglia che invece è di fatto assente, stante la fuga dalla comunione legale dei beni, specie da parte delle coppie di livello medio alto.

Tutto ciò dimostra la tendenziale scarsa attitudine dell’assegno a svolgere una ragionevole perequazione, la quale meglio dovrà essere attuata attraverso un intervento legislativo che adegui il nostro ordinamento a quelli che contemplano la ripartizione delle risorse e del patrimonio familiare pregresso (33).

NOTE

Il saggio è destinato alla raccolta in onore del Prof. Massimo Paradiso.

(1) SESTA, Matrimonio e famiglia a cinquant’anni dalla legge sul divorzio, in Rivista di diritto civile, 2020, 6, p. 1178.

(2) Famiglia e diritto, 1, 2021, ove i contributi di E. QUADRI, L’introduzione del divorzio: il dibattito, la legge e la sua conferma, gli interventi successivi, ivi, pp. 7 e ss.; SESTA, Matrimonio e famiglia a cinquant’anni dalla legge sul divorzio, ivi, pp. 17 e ss.; AL MUREDEN, Le famiglie dopo il divorzio tra liberta, solidarietà e continuità dei legami affettivi, ivi, pp. 23 e ss.; BUGETTI, Il divorzio tra intervento giudiziale e autonomia dei coniugi, ivi, pp. 34 e ss.; DOGLIOTTI, L’assegno di divorzio tra clausole generali ed interventi ‘‘creativi’’ della giurisprudenza, ivi, pp. 41 e ss.; ARCERI, I principi delle Sezioni Unite nell’applicazione dei giudici di merito, ivi, pp. e 50 ss.; BONILINI, Testamento, e successione dell’ex-coniuge superstite, ivi, pp. 60 e ss.; FIGONE, Divorzio e scioglimento dell’unione civile, ivi, pp. 67 e ss.; TOMMASEO, L’evoluzione giurisprudenziale e legislativa del processo di divorzio, ivi, pp. 72 e ss.; F. DANOVI, Persistenza e variabilità dell’oggetto del processo di divorzio, ivi, pp. 83 e ss.; BARUFFI, Il divorzio nel diritto dell’Unione Europea, ivi, pp. 99 e ss.; C. RIMINI, Il divorzio internazionale: le fonti e il metodo, ivi, pp. 106 e ss.; OBERTO, Il divorzio in Europa, ivi, pp. 112 e ss.; RINESI, La recente evoluzione dei divorzi: uno sguardo ai numeri, ivi, pp. 140 e ss.

(3) SESTA, Famiglia e figli in Europa: i nuovi paradigmi, in Famiglia e diritto, 2019, n. 11, p. 1049.

(4) Le pertinenti schede dell’Istituto di Statistica sono consultabili alle pagine http://seriestoriche.istat.it/ (per i dati pre 2014) e http://demo.istat.it/altridati/matrimoni/index.php (per i dati post 2014). Cfr., per l’andamento dei divorzi, RINESI, op. loc. ultt. citt.

(5) RENDA, Il matrimonio civile. Una teoria neo-istituzionale, Milano, 2013, p. 25.

(6) Le prime riflessioni della dottrina relative alla disposizione in oggetto sono ricostruite
da C. RIMINI, Il nuovo divorzio, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da CICU – MESSINEO, continuato da SCHLESINGER, La crisi della famiglia, Milano, 2015, II, p. 111, nt. 13.

(7) Cass., sez. un., 9 luglio 1974 n. 2008, ne Il Diritto di Famiglia e delle Persone, 1974,
p. 635, con nota di DALL’ONGARO, Sulla controversa qualificazione giuridica dell’assegno di divorzio; v. gia` Cass., sez. un., del 26 aprile 1974, n. 1194, ne Il Foro italiano, 1974, I, c. 1335.

(8) Vedi le richiamate da E. QUADRI, L’introduzione del divorzio: il dibattito, la legge e
la sua conferma, gli interventi successivi
, cit., p. 11, testo e nt. 30.

(9) Si v. LIPARI, Relazione della 2a commissione permanente (giustizia) concernente «Modifiche alla legge 1o dicembre 1970, n. 898, concernente disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio » e « Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio », Tipografia del Senato, 1987, p. 11. Il testo è consultabile integralmente all’URL https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/272704.pdf. Cfr. C. RIMINI, Il nuovo divorzio, cit., p. 111, nt. 14. (10) L’accertamento del diritto di un coniuge alla somministrazione di un assegno periodico a carico dell’altro va cioè compiuto mediante una duplice indagine, attinente all’an e al quantum: Cass., Sez. un., 29 novembre 1990, n. 11490, ne Il Foro italiano, 1991, I, 1, cc.
67 ss., con note di E. QUADRI, Assegno di divorzio: la mediazione delle sezioni unite e di CARBONE, Urteildammerung: una decisione crepuscolare (sull’assegno di divorzio). Sul tema, ampiamente, si vedano le considerazioni critiche di RIMINI, op. ult. cit., pp. 105 ss.

(11) Cass., 1990/11490, cit.

(12) Corte costituzione 11 febbraio 2015, n. 11, in Famiglia e diritto, 2015, 6, pp. 537 ss., con nota di AL MUREDEN, L’assegno divorzile, parametro del tenore di vita coniugale e principio di autoresponsabilità

(13) Cass., 10 maggio 2017, n. 11504, in Famiglia e diritto, 2017, 7, pp. 642 e ss, con note di AL MUREDEN, L’assegno divorzile tra autoresponsabilità e solidarietà post-coniugale e di F. DANOVI, Assegno di divorzio e irrilevanza del tenore di vita matrimoniale: il valore del precedente per i giudizi futuri e l’impatto sui divorzi gia definiti; in Giurisprudenza italiana, 2017, 8-9, pp. 1799 e ss., con nota di C. RIMINI, Assegno di mantenimento e assegno divorzile: l’agonia del fenomeno assistenziale; ne La nuova giurisprudenza civile commentata, 2017, 9, pp. 1274 ss., con nota di ID., Verso una nuova stagione per l’assegno divorzile dopo il crepuscolo del fenomeno assistenziale. Si v. anche FORTINO, Il divorzio e l’«autoresponsabilità» dei coniugi e il nuovo volto della donna e della famiglia, ivi, pp. 1254 ss; E. QUADRI, I coniugi e l’assegno di divorzio tra conservazione del ‘‘tenore di vita’’ e ‘‘autoresponsabilità’’: ‘‘persone singole’’ senza passato?, ne Il Corriere giuridico, 2017, 7, pp. 885 e ss.; SESTA, La solidarietà post-coniugale tra funzione assistenziale ed esigenze compensatorie, in Famiglia e diritto, 2018, 5, p. 516, ove si esprimeva l’auspicio che dal dibattito seguito alla sentenza della Prima sezione potesse «nascere — con il contributo di tutti, giudici, studiosi, avvocati e, soprattutto, il legislatore — un piu ragionevole ed equo assetto dei rapporti patrimoniali seguenti alla crisi del matrimonio, in linea con i precetti costituzionali e con il nuovo stato giuridico del vincolo coniugale».

(14) SESTA, L’assegno di divorzio nella prospettiva italiana e in quella tedesca, in Familia,
2019, pp. 5 e s.

(15) Cass., Sez. un., 11 luglio 2018, n. 18287, ne Il Corriere giuridico, 2018, 8-9, pp. 1186 e ss., con nota di S. PATTI, Assegno di divorzio: il ‘‘passo indietro’’ delle Sezioni Unite; in Giurisprudenza italiana, 2018, 1843, con nota di C. RIMINI, Il nuovo assegno di divorzio: la funzione compensativa e perequativa; ne Il Foro italiano, 2018, I, cc. 2671 e ss., con nota di M. BIANCA, Le sezioni unite e i corsi e ricorsi giuridici in tema di assegno divorzile: una storia compiuta? Si v., in argomento, E. QUADRI, ‘‘C’è qualcosa di nuovo oggi’’ nell’assegno di divorzio, ‘‘anzi d’antico’’, ne La Nuova giurisprudenza civile commentata, 2018, pp. 1714 e ss.; ID., Il superamento della distinzione tra criteri attributivi e determinativi dell’assegno di divorzio, in Famiglia e diritto, 2018, 11, pp. 971 e ss.; SESTA, Attribuzione e determinazione dell’assegno divorzile: la rilevanza delle scelte di indirizzo della vita familiare, ivi, pp. 983 ss.; AL MUREDEN, L’assegno divorzile e l’assegno di mantenimento dopo la decisione delle Sezioni Unite, ivi, pp. 1019 e ss. Sul versante processuale, cfr. F. DANOVI, Oneri probatori e strumenti di indagine: doveri delle parti e poteri del giudice, ivi, 1007 ss.; TOMMASEO, La decisione delle Sezioni Unite e la revisione ex art. 9 L. div. dell’assegno postmatrimoniale, in ivi, pp. 1050 ss. V. altresı BALESTRA, L’assegno divorzile nella nuova prospettiva delle Sezioni unite, in Familia, 2019, 1, pp. 15 e ss.

(16) Al riguardo cfr. la lucida ricostruzione offerta dal co-presidente del collegio SCHIRO, Attribuzione e determinazione dell’assegno di divorzio: un lungo percorso giurisprudenziale, in Famiglia e diritto, 2019, 12, p. 926.

(17) Si allude particolarmente al passaggio relativo ai sacrifici delle chance professionali, di cui infra nel testo.

(18) SESTA, Diritto di famiglia e Costituzione oggi. Dialoghi con Mario Segni, ne Lo Stato, 2019, 13, p. 320.

(19) Sul tema per tutti PARADISO, I rapporti personali tra coniugi. Artt. 143-148, ne Il codice civile. Commentario, fondato da SCHLESINGER, diretto da BUSNELLI, Milano, 2012, p. 10; ID., La comunità familiare, Milano, 1984, pp. 168 s.; SESTA, sub art. 29 Cost., in Codice della famiglia, a cura di ID., Milano, 2015, III ed., p. 94. (20) FALZEA, Il dovere di contribuzione nel regime patrimoniale della famiglia, in Rivista di diritto civile, 1977, I, p. 614.

(21) PARADISO, I rapporti personali, cit., pp. 170 e ss.; ID., La comunità familiare, cit., pp. 172 ss.

(22) AL MUREDEN, Funzione perequativa dell’assegno divorzile e famiglia destrutturata, Milano, 2007, passim; ID., Le famiglie dopo il divorzio tra libertà, solidarietà e continuità dei legami affettivi, cit., pp. 24 e ss.

(23) Al riguardo si vedano le acute considerazioni critiche di E. QUADRI, I coniugi e l’assegno di divorzio tra conservazione del ‘‘tenore di vita’’ e ‘‘autoresponsabilità’’: ‘‘persone singole’’ senza passato?, cit., pp. 885 e ss.

(24) SESTA, La solidarietà post-coniugale, cit., p. 513.

(25) PARADISO, Navigando nell’arcipelago familiare. Itaca non c’è in Rivista di diritto civile, 2016, 5, p. 1308.

(26) SESTA, Diritto di famiglia e Costituzione oggi, cit., p. 520.

(27) Cass., sez. un., 2018/18287, cit., par. 12.

(28) SESTA, Attribuzione e determinazione, cit., pp. 986 e ss.

(29) Tra le molte, App. Milano, 6 aprile 2020, n. 878, in DeJure.it; App. Palermo, 26 novembre 2018, ivi; Trib. Roma, sez. I, 22 dicembre 2020, n. 18456, ivi; Trib. Torino, 14 dicembre 2020, n. 4448, ivi; Trib. Milano, sez. IX, 12 marzo 2019, n. 2397, ivi; App. Napoli, 10 gennaio 2019, n. 52, ivi.
(30) Ma v. MONDINI, L’assegno di divorzio dopo la sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018: indicazioni per il giudice di merito, in Familia, 2018, V, pp. 427 e ss.

(31) SESTA, La solidarietà post-coniugale, cit., p. 513; ID., L’assegno di divorzio nella prospettiva italiana e in quella tedesca, cit., p. 13.

(32) Diversamente l’art. 1, co. 65, L. 20 maggio 2016, n. 76 impone di fissare «un periodo proporzionale alla durata della convivenza», per la prestazione alimentare eventualmente dovuta al cessare della convivenza stessa. Cfr. AL MUREDEN, sub art. 1, co. 65, L. 2016/76, in Codice dell’unione civile e delle convivenze, a cura di SESTA, Milano, 2017, pp. 1424 e ss.

(33) Gli ordinamenti che all’opposto impongono un regime patrimoniale tendenzialmente perequativo in costanza di matrimonio propendono per la definizione il più possibile netta dei rapporti patrimoniali, con lo scioglimento della coppia. Cfr. C. RIMINI, Il nuovo divorzio,
cit., p. 110. Così nel Regno Unito, ove e stata concepita la nota formula del clean break, la permanenza di vincoli economici tra gli ex coniugi è contemplata alla stregua di una soluzione del tutto residuale: cfr. § 25A (2) Matrimonial Causes Act. La legge in particolare obbliga il giudicante a considerare in prima istanza l’opportunità del clean break e quindi di una divisione netta del patrimonio mediante financial orders (con la significativa eccezione della presenza di figli). I periodical payment orders eventualmente disposti, altresì, possono avere durata limitata in corrispondenza della raggiunta autonomia patrimoniale dell’ex coniuge beneficiario. In argomento, AL MUREDEN, Conseguenze patrimoniali del divorzio e parità tra coniugi nelle leading decisions inglesi: verso una nuova valenza dell’istituto matrimoniale?, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, 2009, 1, pp. 211 ss.; ID., L’assegno divorzile tra autoresponsabilità e solidarietà post-coniugale, cit., p. 646. Ancora, con riguardo all’ordinamento tedesco, la materia è incardinata sul principio fondamentale della auto-responsabilità (§ 1569 BGB), alla cui stregua «dopo il divorzio ciascuno dei coniugi deve farsi carico del proprio mantenimento». Coerentemente, l’assegno divorzile ricorre soltanto in ipotesi connotate da esigenze di tipo squisitamente ‘‘alimentare’’: assolve in altri termini una funzione assistenziale ed è peraltro suscettibile di limitazione temporale. Cfr. SESTA, L’assegno di divorzio nella prospettiva italiana e in quella tedesca, cit., pp. 5 e s.

Competenze

Postato il

8 Novembre 2021

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